L’ultimo crollo certifica lo stato comatoso delle nostre infrastrutture e il dissesto idrogeologico cronico. Il viadotto venuto giù sull’A6 a Savona è solo uno dei 6mila ponti considerati a rischio. Investito da una frana, una delle 620mila censite in un solo anno. Il paese delle frane. Che interessano 23.700 chilometri quadrati. Una porzione che vale il 7,9% dell’intero territorio nazionale. Grande come la Lombardia. O come tre milioni e 300mila campi di calcio.
A stilare il referto l’Istituto per la protezione dell’ambiente (Ispra) che gestisce i dati raccolti nell’Inventario dei fenomeni franosi in Italia (Iffi). Dove si può leggere che a rischio ci sono 1900 km di ferrovie. Interessato al fenomeno (almeno un’area a rischio frana o alluvione) del dissesto idrogeologico è il 91,1% dei Comuni italiani.
"Si stima che circa il 90% delle problematiche legate alle infrastrutture italiane sono determinate non da fattori strutturali, bensì dovute a criticità idrogeologiche. In tal senso, le parole d’ordine sono sempre le stesse: prevenzione, manutenzione del territorio e delle infrastrutture, monitoraggi strumentali, satellitari e tecnico-esperti attraverso il presidio territoriale. Parole che ripetiamo spesso dopo ogni evento idrogeologico significativo, che purtroppo in Italia non riescono a diventare un fatto concreto".
Queste le parole di Francesco Peduto, Presidente del Consiglio Nazionale dei Geologi. "Siamo di fronte all’ennesima dimostrazione che la sicurezza dei ponti e dei viadotti va assicurata non soltanto monitorando il degrado dei materiali che li costituiscono", commenta Lorenzo Benedetto, coordinatore della Commissione difesa del suolo del Consiglio Nazionale dei Geologi. "Come sosteniamo da tempo – aggiunge – vanno monitorati anche e soprattutto i rischi geologici a cui sono soggetti".