Gente d'Italia

Pippo Inzaghi e l’aquilone giallorosso

Ma Pippo, Pippo già lo sa che quando passa applaude tutta la città. Là, sulle colline sannite, vola un sogno, vola una squadra. Pippo Inzaghi, Superpippo, il gatto delle aree di rigore, è il condottiero di un’avventura esaltante. Una sola squadra è al comando, la sua maglia è giallorossa, il suo nome è Benevento.

La serie B s’inchina a un padrone assoluto. Il ragazzo che rubava centimetri al fuorigioco e il tempo ai portieri, lasciando il segno di 316 gol, uno scavezzacollo dell’area di rigore, prendimi se ci riesci, quell’ultimo gol segnato al Novara nel pomeriggio di sole a San Siro, domenica 13 maggio 2012, un pomeriggio di emozioni intense, ha lasciato l’erba dei suoi passi astuti, dei guizzi e delle piroette e ora fa il direttore d’orchestra a bordocampo, giovane e ambizioso allenatore con un solo comandamento: "Nella mia squadra non c’è spazio per chi non lotta".

L’ULTIMO GOL

Quell’ultimo pomeriggio a San Siro, indimenticabile. La fine di una corsa a zig-zag, scatti e acrobazie, per scuotere le reti di cento squadre. Era il Milan del filiforme Allegri, rallegrato dalla piovra svedese, Zlatan Ibrahimovic 1,95. Il pomeriggio del canto del cigno di quattro rossoneri: Pippo con Gattuso, Nesta e Seedorf all’addio. Pippo era sulla soglia dei quarant’anni, ventuno passati a far gol di rapina, improvvisi e impossibili, in agguato sulla linea sottile che oggi farebbe impazzire il Var.

Entrò al 67’ prendendosi la scena che era stata di Cassano. Un quarto d’ora dopo controllò di petto il lancio di Seedorf e con una giravolta rapida batté di destro nella porta di Fontana per la vittoria del Milan (2-1) all’ultima giornata di campionato, scudetto alla Juventus, Milan secondo a quattro punti. Dalla curva di San Siro il saluto commosso per Pippo: "Per il tuo cuore e la tua passione non basta uno striscione". Fu il trionfo dell’ultimo gol vincente di Superpippo, undici stagioni nel Milan, la sua casa. Da vincente aveva iniziato la sua gran carriera di goleador: 20 dicembre 1992, in serie C col Leffe, rete decisiva al Siena (1-0), il suo primo, storico gol. Un tesoro di ragazzo e di attaccante che il Piacenza, dove aveva cominciato nelle giovanili, cedette al Parma nel 1995 per 5,9 miliardi di lire. Da simpatico ribaldo, segnò il primo gol in serie A proprio al Piacenza, 20 ottobre 1995, nel 3-2 dei ducali, le altre due reti le mise a segno Zola.

IL NO DI BOSKOV

Pippo Inzaghi, rimpianto napoletano. 1995, secondo anno di Boskov. Eravamo a caccia di attaccanti. A Vujadin piaceva il brasiliano del Monaco Sonny Anderson Da Silva. Troppo caro, disse Ferlaino. Si potevano prendere Dugarry, Tovalieri e Pippo Inzaghi ventiduenne. Boskov disse: "No, noi avere Imbriani". Carmelino Imbriani, beneventano, era una grande promessa, ucciso dai linfomi a 37 anni.

Arrivò Arturino Di Napoli, nato a Milano da genitori di San Giovanni a Teduccio, napoletano a tutti gli effetti. Pippo Inzaghi rimase un desiderio, tagliato dall’infelice battuta di Boskov. E Pippo volò verso la sua straordinaria carriera dal Parma all’Atalanta, alla Juve per 20 miliardi e al Milan per 70. Una viaggiante Banca d’Italia e di gol. Pippo ha vinto tutto e di più, come si suol dire. Campione d’Italia con la Juve (1998) e col Milan (2004 e 2011), campione del mondo con la nazionale di Lippi (2006), due Champions col Milan (2003 e 2007), capocannoniere in serie A con l’Atalanta (1997).

UN PO’ SCUGNIZZO

Meno alto del fratello Simone di quattro centimetri, i fratelli piacentini, Simone condottiero della Lazio, capelli a caschetto come una volta Gigi D’Alessio, però neri e un viso bruno un po’ da scugnizzo, Pippo ha cominciato ad allenare il Milan Primavera, poi la prima squadra rossonera (2014-15) piazzandola al decimo posto, il Venezia portandolo in serie B, il Bologna in una stagione avversa per approdare quest’anno al Benevento del presidente Vigorito e vigoroso, un gentiluomo nel calcio smargiasso di oggi, puntando al ritorno in serie A giocata due stagioni fa.

Gioco vigoroso e a tratti spettacolare, il Benevento di Pippo Inzaghi sta dominando la serie B, capolista filante che prende pochissimi gol, in un campionato arricchito dalle presenze del Chievo, dell’Empoli, del sorprendente Pordenone di Attilio Tesser, difensore azzurro alla fine degli anni Settanta, dell’arrembante Frosinone di Alessandro Nesta, della Cremonese di Marco Baroni che segnò il gol finale alla Lazio per il secondo scudetto del Napoli, del Perugia di Massimo Oddo nel Napoli di fine secolo e della Salernitana di Gian Piero Ventura capitano di mare genovese, spesso navigante in mari molto mossi. Pippo Inzaghi è al comando di una ciurma di 24 giocatori e come non ricordare più di tutti il "nostro" Christian Maggio a 37 anni ancora in gamba sulla fascia destra; Roberto Insigne venticinquenne, il terzo della dinastia calcistica di Frattamaggiore; Pasquale Schiattarella di Mugnano, elettrico centrocampista d’attacco con quel viso da monaco arguto; Riccardo Improta di Pozzuoli; il cavese Massimo Coda che promette molti gol. Il tamburino sardo Marco Sau è giunto ad arricchire il firmamento delle stelle beneventane, l’attaccante Samuel Armenteros di origini cubane, il devastante tedesco Oliver Kragl, il difensore colombiano Tello, il finlandese Hetemaj ex Chievo e Brescia.

GRAN PRESIDENTE

Giunto nel calcio dei "grandi" tre anni fa, il Benevento sta meravigliando per organizzazione, tifosi (designati i migliori nel campionato di serie A 2017-18), gioco e successi. Oreste Vigorito, ercolanese, 73 anni, laureato in giurisprudenza e considerato il padre dell’energia eolica, imprenditore di successo e di danari, ha preso il Benevento in C2 nel 2006 col fratello Ciro, scomparso e al quale è dedicato lo stadio. In tredici anni ha portato il club giallorosso ai massimi livelli. Per il campionato di serie A 2017-18 imperversò sul calciomercato acquistando sedici giocatori per 26,4 milioni di euro attraendo, fra gli altri, calciatori di gran nome come il brasiliano Sandro e il senegalese Bacary Sagna. Fu il salto di qualità che, oggi, Oreste Vigorito controlla con saggezza, ma sempre pronto a fare di più.

di MIMMO CARRATELLI

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