Sembra assurdo eppure è proprio l’Europa a dover sollecitare i paesi membri a richiedere fondi per opere di ristrutturazione. In pratica i fondi ci sono ma non vengono richiesti a sufficienza. Il livello di spesa dei fondi strutturali europei, infatti, che a fine ottobre era pari al 36%, è "sotto quello del precedente periodo di programmazione 2007- 2013. Bruxelles allora ha fatto richiesta ai Paesi membri una maggiore concentrazione" sul tema.
Lo scrive la Commissione Ue nella sua relazione sull'implementazione dei Fondi strutturali e d'investimento europei. Nonostante sia richiesta un'accelerazione nel loro assorbimento, dal 2014 (anno di inizio dell'attuale programmazione 2014- 2020) a fine 2018 i fondi hanno permesso in Europa - secondo i dati forniti nel report - di supportare oltre 1,6 milioni di aziende, creare 300mila nuovi posti di lavoro, aiutare 26 milioni di persone a formarsi o trovare un'occupazione, dare accesso alla banda larga a 8,3 milioni di famiglie e costruire o ammodernare quasi 4mila chilometri di ferrovie.
Per quanto riguarda l'impatto delle riforme dei regolamenti introdotte nel 2014, la Commissione ribadisce insoddisfazione rispetto all'introduzione della norma 'N+3', secondo cui i paesi hanno fino a tre anni di tempo per certificare una spesa prima che le risorse vengano perse. Tale norma "ha ridotto la pressione per una pronta attuazione del bilancio", scrive l'esecutivo, che chiede quindi il ritorno dal 2021 alla regola 'N+2', che dava ai Paesi massimo due anni per certificare le spese.