Il Vangelo tascabile che papa Francesco fece distribuire ai fedeli in piazza nel 2014, recante nella prima pagina la sua firma e la sua frase "La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù", riportava già la preghiera del Padre Nostro nella traduzione che Bergoglio ha voluto. A pagina 19 si legge infatti, dal Vangelo di Matteo, "Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non abbandonarci alla tentazione ma liberaci dal male".
In effetti, è questa la traduzione già osservata in Vaticano: anche domenica scorsa, nella Giornata per la Parola di Dio, la prima della storia, indetta proprio da Francesco, il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova evangelizzazione ha promosso nel pomeriggio, nella basilica di Sant’Agnese, una maratona di lettura del Vangelo di Matteo e il testo consegnato ai lettori recava proprio la nuova traduzione. Così, ora anche la Cei, dopo un lungo dibattito, si adegua. La traduzione del Padre nostro corretta per volere di Francesco che la preferisce al vecchio "non indurci in tentazione" sarà pubblicata ufficialmente dopo Pasqua e nelle chiese italiane sarà recitata dalla prima domenica di Avvento, il prossimo 29 novembre.
Quel "non indurci in tentazione" poteva far pensare quasi, secondo il Pontefice, che fosse Dio a spingere verso il male. L’azione di Dio, invece, di fronte al male è salvifica. E’ stato monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e teologo di vaglia, ad annunciare che il Messale con la nuova versione del Padre Nostro voluta dalla Conferenza Episcopale Italiana uscirà "qualche giorno dopo la prossima Pasqua" e l’uso liturgico sarà introdotto a partire dalle messe del 29 novembre. Intervistato da Radio Vaticana Italia, mons. Forte spiega che i vescovi italiani hanno deciso la modifica "per una fedeltà alle intenzioni espresse dalla preghiera di Gesù e all’originale greco. In realtà l’originale greco usa un verbo che significa letteralmente ‘portarci, condurci’. La traduzione latina ‘inducere’ poteva richiamare l’omologo greco. Però, in italiano ‘indurre’ vuol dire ‘spingere a..’ in sostanza, far sì che ciò avvenga. E risulta strano che si possa dire a Dio ‘non spingerci a cadere in tentazione’. Insomma, la traduzione con ‘non indurci in...’ non risultava fedele". Cercare di trovare una traduzione migliore, prosegue l’arcivescovo, era quindi "un interrogativo che si sono posti anche episcopati di tutto il mondo".
Si vuole esprimere che "il nostro Dio, che è un Dio buono e grande nell’amore, fa in modo che noi non cadiamo in tentazione. La mia personale proposta è stata che si traducesse in ‘fa che non cadiamo in tentazione’ - dice Forte - però dato che nella Bibbia Cei la traduzione scelta è stata ‘non abbandonarci alla tentazione’ alla fine i vescovi per rispettare la corrispondenza tra il testo biblico ufficiale e la liturgia hanno preferito quest’ultima versione". Il cambio darà problemi ai fedeli abituati alla vecchia versione? "Sostanzialmente - risponde -, la modifica è molto limitata. Non credo che dovrebbero esserci grossi problemi. Dobbiamo aiutare le persone a capire che non si tratta di voler un cambiamento fine a se stesso ma di cambiare per pregare in maniera ancora più consapevole e vicina a quelle che sono state le intenzioni di Gesù".