Il prossimo 4 febbraio, ricorrerà la ventesima edizione della Giornata mondiale sul cancro, istituita dall’Unione Internazionale contro il cancro (Uicc) con il sostegno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) per sensibilizzare l’attenzione nei confronti di questa malattia ed incoraggiarne la prevenzione, l’individuazione e la cura. Secondo gli ultimi dati sulla diffusione dei tumori nel mondo rilevati dal Cancer Atlas, frutto della collaborazione tra l’Unione internazionale per il controllo del cancro e l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, la malattia purtroppo non solo è in rapido accrescimento, con oltre 18 milioni di casi diagnosticati lo scorso anno, ma si stima che questa cifra sia destinata ad aumentare fino al 60 per cento entro il 2040 a causa dell’invecchiamento e dell’aumento della popolazione mondiale.
In cima alla lista dei tumori più diffusi si trova il cancro ai polmoni, quello più diagnosticato e responsabile del maggior numero di decessi: l’Atlante, oltre alla prevenzione, propone come soluzione delle politiche fiscali adeguate che possano rivelarsi decisive per contrastare il consumo del tabacco poiché l’aumento dei prezzi scoraggia l’acquisto dei prodotti a base di tabacco soprattutto nelle fasce di popolazione meno abbienti e quindi con minore accesso alle cure. Tra gli altri tumori più diagnosticati si trovano al secondo posto quello al seno, seguito da colon retto e prostata. Tra quelli più mortali, invece, il tumore ai polmoni è seguito da quello al colon retto e al seno. Ma in questi giorni che precedono la ricorrenza del 4 febbraio, dobbiamo registrare una novità molto positiva che, se si rivelasse efficace, potrebbe addirittura porre un freno alle sopracitate cupe previsioni degli esperti.
Si tratta di una recentissima scoperta medico-scientifica pubblicata sull’ultimo numero della rivista Nature Immunology che riguarda la possibilità di mettere in campo delle forme di immunoterapia efficaci a livello globale, ritenute impossibili fino ad oggi. Nello specifico, un team di ricercatori dell’Università gallese di Cardiff, coordinati dal professor Andrew Sewell, in modo del tutto fortuito, hanno scoperto una nuova cellula T (appartenente alla famiglia dei linfociti "killer", fondamentali per il funzionamento del sistema immunitario) portatrice di un recettore fino ad ora sconosciuto capace di "agganciarsi" alla maggior parte delle cellule tumorali umane distruggendole, ignorando le cellule sane. In questo modo, si potrebbe mettere a punto una terapia strategica che miri ad aggredire i tumori scagliando contro di essi il sistema immunitario senza alcuna distinzione né tra individui né tra forme tumorali, solide o liquide, ottenendone la distruzione senza danni per le cellule sane.
Lo stesso Sewell ha affermato: "La nostra scoperta solleva la prospettiva di un trattamento del cancro a ‘taglia unica’, un singolo tipo di cellula T che potrebbe essere in grado di distruggere molti tipi diversi di tumori in tutta la popolazione. In precedenza nessuno credeva che ciò potesse essere possibile". Insomma, questa nuova scoperta, se efficace come i primi test di laboratorio sembrerebbero confermare, potrebbe aprire a prospettive rivoluzionarie per la sconfitta di questo male che, ad oggi, risulta la prima causa di morte prematura in tutto il mondo.