In Rai vige la regola della rissa quotidiana. A ciascuno la sua, un ring permanente installato in viale Mazzini. Di giornaliero, in Rai, c’è anche la spaccatura. Tutti contro tutti, in particolare il presidente Foa contro l’amministratore delegato Salini. In rivolta anche i giornalisti, sempre pronti a cogliere al volo l’occasione. L’inferno in Rai. Gratta gratta, il consiglio d’amministrazione scopre che l’azienda è sprofondata nel profondo rosso. Leggi il dato del bilancio di previsione 2020. Un rosso Rai da 65 milioni di euro. Bruscolini proprio no, se riferiti alle perdite dell’esercizio 2019. Quindici milioni, poi però chiuso in sostanziale pareggio. Il profondo rosso in sede di budget di previsione manda letteralmente ai matti i membri del cda, che si spacca in maniera clamorosa. Stavolta la voragine non si è aperta sulle nomine, ma sul fatto che l’azienda prevede di chiudere l’anno appunto con 65 milioni di perdite.
Al diavolo le nomine, ci sarà tempo e modo per riparlarne in maniera definitiva. Anche perché non è questo il momento migliore per mettere sul tavolo lo spigoloso, scabroso argomento, fonte di tutte le risse dialettiche del mondo. Doveroso quindi tornare a bomba, al bilancio di previsione. L’organismo di gestione della Rai ha approvato il documento con una maggioranza risicatissima. Un segnale di per sé preoccupante, anzi di più. Un allarme vero proprio. La strettissima maggioranza che ha approvato è diversa da quella che esprime l’attuale governo. Quello che tre giorni fa il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, ha detto all’amministratore delegato Fabrizio Salini. Ovvero: adesso necessita scongiurare che si arrivi a una maggioranza assai risicata, non espressione della colorazione che oggi il governo espone e propone.
Il peteracchio dell’approvazione del documento è il risultato dell’asse M5S-Fdl, ormai consolidato. Ovviamente con il sostegno dell’amministratore delegato e del rappresentante dei dipendenti, Riccardo Laganà. Ma il Pd, la Lega e il presidente Foa? Si sono astenuti ad arte, nel rispetto di una mossa e di una strategia ampiamente previste. Si è generata di conseguenza un’anomalia assoluta, che sistema la Tv di Stato sul bavero della totale ingovernabilità. Quel famoso disastroso tutti contro tutti. Così non si va da nessuna parte. Ma non è la frattura all’interno del cda l’unico focolaio di tensione in Rai. L’assemblea dei giornalisti del Tg2 è durata oltre sei, raggiungendo i livelli più alti di tensione. Insulti, paroloni e minacce a condire il tutto. L’assemblea al color bianco convocata per discutere di un argomento molto importate, vitale per la Tv di Stato: il crollo degli ascolti del Tg2. La discussione è finita in rissa. Metà della redazione ha contestato con la forza dei numeri la linea sovranista inaugurata da Gennaro Sangiuliano. Il direttore messo al timone da Matteo Salvini. Sono volate parole grosse, anche all’indirizzo del segretario dell’Usigrai, Vittorio Di Trapani.
"Se non sei d’accordo con la linea politica del direttore, te ne devi andare", è stato urlato in faccia a una conduttrice molto critica. Il clima di intimidazione ha rischiato di andare molto oltre. Si è trasceso. Massima tensione e clima rovente non hanno permesso al Comitato di Redazione di far approvare un banale comunicato sulle preoccupazioni dovute dal calo dello share. Il documento è stato giudicato "troppo blando", secondo gli anti-Sangiuliano; "offensivo" invece per i sostenitori del direttore del Tg2. Il risicato via libera in Cda con i voti di Cinque Stelle e Fdl e la rivolta contro Sangiuliano. Temi scottanti, laddove il centro di tutti i problemi resta comunque il consiglio di amministrazione Rai. Dove si assiste con limpida chiarezza all’insanabile frattura fra l’amministratore delegato Salini e una parte dei consiglieri, spalleggiati dal presidente Foa in testa a tutti.
Il cda non intende mollare e anche nell’ultima riunione ha attaccato la scelta di tenere in gara al Festival di Sanremo il rapper Junior Cally. "È eticamente inaccettabile". Foa è apparso letteralmente scatenato. Anzi di più, tarantolato. Il presidente ha chiesto che venisse ascoltato Pietro Gaffuri, responsabile dell’attuazione del piano industriale. Il funzionario andrà in pensione fra poche settimane. A Gaffuri non è apparso vero, troppo ghiotta l’occasione per rinunciare a scaricare la responsabilità del suo addio anticipato su Salini. L’ad non l’avrebbe messo nella condizione di lavorare al meglio. Capito, gente, come butta in Rai? Ma la politica cosa fa, ascolta e finge di non sentire, o si scalda e minaccia di non fidarsi più? Ma di chi? "Ci fidiamo sempre meno di Salini", fanno sapere dalla sede del Pd. La Lega se la prende con i suoi alleati. "Estremamente negativo che il consigliere Gianpaolo Rossi approvi atti con il governo Rai-M5S-Pd. E risulti di conseguenza addirittura decisivo". Chi ci capisce qualcosa è bravo. Benvenuti nella torre di Babele chiamata Rai in profondo rosso da 65 milioni di euro. Questi sono fatti, non chiacchiere.
Franco Esposito