Il Partito democratico e il Movimento 5 stelle si avvicinano alla verifica di governo sulla quale Giuseppe Conte sta lavorando da più di un mese camminando sulle uova. Gli obiettivi dei rispettivi partner di governo coincidono. Trovare un terreno di temi e istanze comuni, ognuno con le proprie specificità, ma il meno spinose possibili. Per dare aria, respiro e prospettiva a un’azione di governo che mai come ora ne ha bisogno per ritrovare slancio e sopravvivere a se stesso. Per intenderci. Il Pd non alzerà le barricate sullo ius soli, sullo stravolgimento dei decreti sicurezza e quota 100. I 5 stelle non alzeranno gli scudi su conflitto d’interesse, medieranno sulla prescrizione e lavoreranno su un punto di caduta potabile su Autostrade. Il lavoro, il cuneo fiscale, l’equità sociale saranno al centro delle proposte del Nazareno. Un rilancio del piano industriale, infrastrutture sostenibili, ambiente i punti cardine del Movimento.

Sono due esigenze opposte che si incontrano. Nicola Zingaretti punta a non sfaldare l’alleato di governo. Non è il momento, non ce ne è necessità. Semplicemente non conviene se vuole proseguire nel percorso della cosa giallorossa. La strategia del segretario è quella di abbracciare sempre più temi, proposte e idee che possano essere una sintesi tra i due mondi, allo scopo di trainare sempre più parti verso il campo progressista oltre ai 5 stelle che si sono già iscritti al campo riformista, vedasi Giuseppe Conte e Stefano Patuanelli. Il Movimento 5 stelle, al contrario, mira a traghettarsi in acque più tranquille. Acefalo, senza una guida legittimata e con un traghettatore alla guida, la truppa grillina non ha il modo né la forza per sostenere un braccio di ferro. Almeno non nel primo periodo, non prima degli Stati generali di fine marzo.

Il processo di costruzione delle proposte da presentare nel cronoprogramma recupera il vecchio schema delle idee elaborate dalle singole commissioni, portate all’attenzione dei capigruppo e infine organizzate e mediate dai Facilitatori nazionali. Un processo diffuso, non organico, nel quale è complesso trovare un punto di sintesi delle vere priorità politiche del momento. Perché, in questa situazione di totale incertezza, la verità è che non ce ne sono. Così all’ordine del giorno, secondo una pur parziale bozza anticipata da Public Policy, troverebbero spazio le chiusure domenicali, le norme sul demanio delle spiagge, la riforma del mercato elettrico. Argomenti su cui può esserci discussione, non pietre d’inciampo su un percorso che nei prossimi mesi deve essere lineare.

Con Luigi Di Maio per ora chiuso in un silenzio che viene rotto solamente per le sue attività da ministro degli Esteri, i 5 stelle scelgono Alfonso Bonafede come nuovo capo delegazione al governo. Una formula che tiene insieme la continuità con il capo politico e la consuetudine con Conte. Sarà lui, probabilmente, insieme a Crimi, a gestire la delicata partita. Che inizierà dai temi che lo stesso premier metterà sul tavolo, fiore all’occhiello la riforma dell’Irpef. Per la prima volta il viceministro alle Infrastrutture pentastellato Giancarlo Cancelleri ha ammesso la possibilità che la revoca delle concessioni autostradali ad Atlantia non possa esser condotta fino in fondo. E Italia viva ha lanciato l’ennesimo penultimatum sulla prescrizione, dando dieci giorni di orizzonte per un accordo e evitando di votare contro in Parlamento. Segnali di fumo. Che in tanti stanno interpretando.

PIETRO SALVATORI