A cosa serviva l’analisi logica che in prima media ci costringevano a fare i nostri insegnanti durante l’ora dedicata allo studio della grammatica italiana? Soggetto, predicato verbale, complemento oggetto, di agente, di stato in luogo, di causa ecc. erano solo mezzi per costringere i ragazzini a non annoiarsi oppure, invece, possedevano una qualche finalità propria e degna della massima considerazione? In realtà, distinguere la funzione logica delle singoli locuzioni e il loro collegamento di senso serve in modo elettivo a comprendere la realtà e a ragionare in modo corretto.

I complementi non rappresentavano soltanto una sorta di gioco linguistico di raffinata consistenza, ma mettevano a disposizione di tutti e di ciascuno una vera e propria chiave per accedere al mondo ed alla logica che lo governa. Insomma, si chiama analisi logica proprio perché insegna a ragionare, cioè a collegare in modo corretto le parti del discorso, cioè le posizioni del mondo e le locuzioni che descrivono il mondo, dal momento che quando si pensa, si pensa sempre in modo linguistico: pensare e parlare sono in fondo la medesima cosa.

Perché scrivo tutto questo? Per far comprendere il mio scoramento nel leggere una notizia di pochi giorni or sono, secondo la quale l’Università di Bologna sta organizzando – per tutte le facoltà universitarie – dei corsi di "Critical Thinking" e di "Dialogical Literacy" allo scopo di "abituare gli studenti ad argomentare servendosi di buone ragioni": allo scopo, cioè, di imparare a ragionare. Ciò vuol dire che secondo l’Università di Bologna i giovani universitari non sono abbastanza in grado di ragionare, tanto da doversi aiutare con appositi corsi allo scopo. Cosa vuol dire in pratica non essere in grado di ragionare? Vuol dire non essere in grado di collegare in modo logico le singole affermazioni, vuol dire non riuscire a comprendere il mondo circostante. Facciamo pochi esempi: se io dico che Boris, turista russo in vacanza a Roma, è stato arrestato mentre cercava di rubare in un grande magazzino e che perciò è un ladro, posso poi concludere dicendo che i turisti russi sono tutti ladri? Evidentemente, no.

Se lo dicessi violerei una normale regola di inferenza logica secondo la quale nel meno (il singolo turista russo) non può mai essere contenuto il più (tutti i turisti russi): casomai, è vero il contrario, che cioè nel più è sempre contenuto il meno. Sono perciò autorizzato dalla logica a dire che se tutti i russi sono capaci di scrivere in cirillico, il singolo russo sarà in grado di scrivere anche lui in cirillico e se per caso non ne fosse capace non sarebbe che l’eccezione che, in via di puramente fattuale, conferma la regola, in sede puramente logica). Secondo esempio: se io dico che siccome tre giorni fa hai visto la partita in tv, sei stato bocciato agli esami, violo una regola di inferenza logica, quella che vieta di argomentare che "post hoc, ergo propter hoc", sostituendo ad una semplice successione temporale, una sequenza di ordine causale.

Non tutto ciò che accade "dopo" un certo evento, può esser logicamente considerato causato da questo: a volte sì, ma altre volte no. In questo caso, la causa della bocciatura non sta nell’aver visto la partita tre giorni prima degli esami, ma nel non aver studiato abbastanza nei vari mesi precedenti. Terzo ed ultimo esempio: se io dico che se non si trovano prove dell’innocenza dell’imputato, allora egli è di sicuro colpevole, violo una nuova regola logica secondo la quale non ottenere prova di una qualità determinata di una cosa o di una persona, non significa che sia provata la qualità contraria.

Così, non provare l’innocenza dell’imputato non significa in alcun modo aver provato la sua colpevolezza, nonostante l’opinione di Piercamillo Davigo e di molti pentastellati che certo non brillano per qualità dei ragionamenti. Mi fermo qui. Ebbene, l’Università di Bologna certifica che molti studenti di tutte le Facoltà – in un numero talmente notevole da indurre a tale iniziativa addirittura il Senato Accademico – non sono in grado di elaborare in modo logicamente corretto i ragionamenti del tipo di quelli sopra esposti. E allora, come faranno a studiare chimica, filosofia, filologia, fisica delle particelle, fisiologia, diritto penale, macroeconomia, ecc.? Come faranno, visto che per studiare – cioè per comprendere e ritenere ciò che leggi in un libro – devi necessariamente utilizzare quel tipo di ragionamento, che invece sembra loro precluso? Ecco dunque la vera emergenza del nostro tempo – la vera e terribile emergenza – che tutti ci interpella senza distinzioni, ben più di una epidemia: questa attenta alla salute fisica, quella alla salute della mente e dello spirito. Stiamo allevando una massa di deficienti, incapaci di semplici deduzioni logiche?

La sola prospettiva mi angoscia nel profondo, perché queste dovrebbero essere le generazioni del futuro. E la scuola? Aspettando la riforma dell’esame di maturità del nuovo ministro Lucia Azzolina – che immancabilmente arriverà, quale impegno personale ed irrinunciabile di ciascun ministro – farà finta di nulla, lasciando che i futuri medici, ingegneri, giuristi, economisti sappiano tutto della loro disciplina, ma non capiscano nulla?

VINCENZO VITALE