C'è una sfrenata libidine social nell'inondare con vituperii gratuiti, incartati da discutibili, superficiali ed inaffidabili alibi storici, coloro che lasciano questo mondo, dopo averlo attraversato, con dolore, sacrificio e il proprio impegno professionale. Questo tempo capovolto non conosce l'onore delle armi, alcuna parvenza di dignità e si dibatte nel suo cagnesco rantolare di coatti e "minus habens", riuscendo a ridurre perfino alcune legittime idee o pensieri alternativi, in vergognose urla da suburra. È il caso di un certo Chef Rubio, uno dei tanti mediocri osannati da un'audience imbecille e scostumata, che attualmente sembra stazionare in Palestina per una causa umanitaria giusta, purtroppo offuscata dall'ingombrante medialità di tale individuo. È il segno dei tempi. Un "quaquaraquà" parla ed emette sentenze, tutti ad ascoltarlo. L'ultima è che con la scomparsa di Kirk Douglas, è morto "uno dei più grandi sionisti della storia", dando per scontato il significato negativo della frase. Glissons! Costui è "parva materia". La famiglia Danielovitch, ebrei originari della Bielorussia, come dire il ceppo più povero e bisognoso dell'etnia israelitica, emigrò negl Stati Uniti, via Olanda, iniziando una vita di estremi sacrifici. La scelta del nome e del cognome, Kirk Douglas, diventa esigenza artistica e l'attore miete successi di pubblico e di botteghino, consacrandosi con "Orizzonti di gloria" di Kubrick, nel 1957, dal grande afflato antimilitarista. Il resto si può ricercare in una qualsiasi cineteca virtuale di internet, e non è materia del nostro commento. A beneficio dei più giovani, bisogna dire che se oggi, anche fra le figure o disegni sui libri scolastici, Ulisse, Spartaco e Van Gogh, esibiscono un'improbabile fossetta al centro del mento, è merito di Kirk Douglas, delle sue indimenticabili interpretazioni di tali personaggi - sconvolgente in Lust for life, "Brama di vivere" in italiano, il suo Van Gogh - consegnandoci un tratto iconografico che non tutti gli attori riescono ad imprimere nella nostra memoria cinefila: a suo modo, un inequivocabile esempio di grandezza. Kirk Douglas è stato un simbolo centenario della cinematografia grandiosa Hollywoodiana, spettacolare, ma spesso ridondante nel proprio autocompiacimento. Egli ha lasciato il segno della sua irrequietezza, della sua tendenza ad un'indipendenza artistica e produttiva che gli è costato diverse sconfitte agli Oscar, lenite, come sempre avviene nel mondo ingrato della celluloide, dal conferimento tardivo dell'Oscar alla carriera, nel 1996. Avrebbe meritato già di vincerlo nel 1957, con "Orizzonti di gloria", ma si era nel pieno della guerra fredda e la guerra di Corea, da poco terminata, aveva palesato per la prima volta, attraverso corrispondenze e reportage, l'immanenza del "pericolo cinese". Sfiorerà ancora la vittoria agli Oscar, ma forse non avrebbe cambiato la sua passionale professionalità, il carisma innato che sapeva trasmettere ai suoi personaggi, anche meno intriganti. Perfino negli ultimi anni della sua vita ha confermato il suo personale antimilitarismo, antinazionalismo ed antisovranismo: una bella "ginnastica mentale" per chi viene accusato di sionismo! Non ha mai negato la sua genesi ebraica, alla luce del sole, non come centinaia di migliaia di americani irlandesi, che sovvenzionarono nell'ombra la guerriglia in Eire, o peggio, le centinaia di "connivenze" italiane che hanno protetto fughe e domicili all'estero di criminali assassini rossi e neri, anarchici, camerati o brigatisti. Nel 1966, produce ed interpreta "Combattenti della notte", nel ruolo ispirato da un colonnello ebreo americano, David M. Marcus, che riordina ed organizza le varie milizie spontanee del nascente Stato d'Israele, durante la guerra araboisraeliana: è il suo atto d'amore verso la sua gente, come potrebbe essere stato quello di Charles Aznavour contro il genocidio armeno. Ha aspramente criticato Trump, considerandolo, insieme ad altri suoi accoliti internazionali, un serio e pericoloso ostacolo per la pace. Quegli occhi spiritati, assetati di passione e conoscenza, l'insaziabile senso di sfida nelle pieghe del volto che si addolcivano nell'adorabile fossetta non ci mancheranno. In fondo, negli anfratti della nostra memoria, Ulisse navigatore verso l'ignoto, Spartaco simbolo di libertà e Van Gogh col suo autoritratto, ci ricordano già Kirk Douglas.

ANONIMO NAPOLETANO