No, presidente Mattarella. Non abbiamo dimenticato le Foibe. E neppure in noi alberga indifferenza per il dramma dell’esodo istriano-giuliano-dalmata. Sono occorsi 57 anni dalla firma dei Trattati di Pace di Parigi, un Governo di centrodestra e un presidente della Repubblica giusto e coraggioso quale fu Carlo Azeglio Ciampi per restituire l’onore della memoria al popolo degli estremi confini orientali d’Italia, perseguitato e scacciato dai propri luoghi di vita dai partigiani comunisti del macellaio jugoslavo Josip Broz Tito. C’è voluta una legge dello Stato, la n. 92 del 30 marzo 2004, che consacrasse il 10 di febbraio a "Giorno del ricordo" per "conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale" (articolo 1), perché si portasse alla luce del sole un brandello di storia italiana nascosto per troppo tempo sotto una coltre di insopportabili silenzi, ignobili negazioni, vili imbarazzi. Come potremmo, presidente Mattarella, dimenticare le foibe? Sepolcri immondi e camere di morte d’innocenti vittime della ferocia comunista. Gli eccidi degli istriani-dalmati-giuliani non furono assassinii maturati nei torbidi climi della guerra. Fu pulizia etnica, pianificazione consapevole per la rimozione coatta della presenza italiana da terre da sempre italiche ma che per effetto delle sorti del conflitto mondiale non lo sarebbero più state. E come pensa, signor presidente, che si possa risanare quella ferita suppurata da anni di colpevole pavidità dei governi italiani? E quand’anche avessimo per un attimo un vuoto di memoria ci sarebbero le scriteriate dichiarazioni dei "partigiani" da bollino blu dell’Anpi a farci sobbalzare dalla sedia, a indignarci. Non sono illazioni. Per annusare l’aria che tira dalle parti dei custodi della verità resistenziale è sufficiente leggere l’intervento conclusivo del vicepresidente dell’Anpi, Gianfranco Pagliarulo, al seminario organizzato dall’Anpi nazionale e dal Coordinamento regionale Anpi Friuli-Venezia Giulia in vista del Giorno del ricordo presso la Biblioteca del Senato a Roma lo scorso 4 febbraio, dall’illuminante titolo "Il fascismo di confine e il dramma delle foibe". Il nesso causale fascismo-foibe non cambia: è sempre uguale nel tempo ed ugualmente irricevibile. Scrive Pagliarulo: "...in questi anni nelle iniziative legate al Giorno del Ricordo è stata sovente rimossa la memoria di tre circostanze essenziali, gravide di conseguenze catastrofiche per quelle terre, in successione cronologica: il fascismo di confine; l'invasione italiana della Jugoslavia; la costituzione della Zona d'operazione del Litorale adriatico (Adriatisches Kustnland). La vicenda storica causata dall'intreccio di questi eventi col totalitarismo dello Stato fascista e dello stato nazista portò in quei territori alla esasperazione della guerra totale ed anche della guerra ai civili, ove cioè i già labili confini fra militari e civili, fra operazioni di guerra e crimini di guerra, fra relativamente lecito ed assolutamente illecito si dissolvono in un clima di parossismo della violenza...". Se ne ricava che se barbarie fu, va giustificata come reazione parossistica all’essere fascisti degli istriani-dalmati-giuliani. E le foibe sarebbero state la risposta slava, probabilmente illecita ma giustificabile in un contesto di relatività del valore della vita umana, all’assolutezza del male del "fascismo di confine"? Ma come la si vuole riconciliare la memoria di questo Paese, signor presidente Mattarella, se ancora oggi si partoriscono simili nefandezze? La domanda andrebbe girata a Norma Cossetto. Peccato che lei non possa rispondere. Già, perché la giovanetta, studentessa presso l’Università di Padova, nell’estate del 1943 era tornata a casa in Istria, dove la colse il fatidico 8 settembre, l’armistizio. Norma fu intercettata da una pattuglia mista di partigiani italiani e jugoslavi mentre era in bicicletta. Arrestata, portata nella scuola elementare di Antignana e separata dal resto dei prigionieri. Fu torturata e stuprata. Poi, incatenata ad altri sventurati, fu condotta a piedi in località Villa Surani e gettata ancora viva in una foiba. Norma, italiana, era nata a Santa Domenica di Visinada, che oggi è un comune della Croazia. Risponda alla domanda signor Pagliarulo: la giovane Norma Cossetto fu violentata, torturata e trucidata barbaramente perché era fascista o perché era italiana? Si chiede che sulla tragedia delle foibe vi sia un rigoroso approfondimento storico. Benissimo. Si passino al setaccio archivi tenuti dolosamente chiusi per decenni. Si chiariscano le responsabilità di tutti i protagonisti di quegli anni turbolenti. Si vada fino in fondo nella ricerca della verità. A patto, però, che non si commettano omissioni o si facciano sconti ai responsabili. Alle bande titine ma anche ai partigiani comunisti nostrani che collaborarono con i titini alla pulizia etnica. Si potranno cercare quante giustificazioni si vorranno per distorcere la realtà dei fatti accaduti, ma una cosa non si potrà mai fare: negare che quei territori, italici per "diritto storico", oggi sono località inglobate in altri Stati. Le autorità croate e slovene non perdono occasione per ribadirlo. La circostanza più recente risale a pochi mesi orsono. Il 12 settembre 2019 la giunta comunale di Trieste, per celebrare il centenario dall’impresa di Fiume, ha dedicato una statua a Gabriele D’Annunzio, il poeta-soldato guida e ispiratore dell’impresa fiumana. La cosa non è andata a genio all’"europea" Croazia. Il ministero degli Esteri croato, ignorando platealmente il diritto di uno Stato sovrano di onorare in patria i propri illustri cittadini, con una nota di protesta ha fatto sapere che il gesto "contribuisce a turbare i rapporti di amicizia e di buon vicinato tra i due Paesi". E la ex presidente della Croazia, Kolinda Grabar-Kitarović (in carica all’epoca dell’"incidente" diplomatico), del tutto indifferente ai tentativi giustificazionisti dell’Anpi volti a dare una parvenza di legittimità all’espropriazione post-bellica della penisola istriana e dintorni, intervenendo attraverso il suo account Twitter contro l’iniziativa del Comune di Trieste, ha ribadito l’unica verità che interessa ai suoi connazionali: "Fiume era ed è tuttora parte orgogliosa della patria croata". Fessi noi che abbiamo consentito che i due Stati nostri confinanti, Slovenia e Croazia, entrassero indisturbati nell’Unione europea senza chiedere loro conto della pulizia etnica operata in danno degli italiani. E ancora più fessi noi che, con i nostri soldi, abbiamo aiutato due regioni della ex-Jugoslavia, ridotte alla miseria da anni di comunismo titino, a rimettersi in piedi e a darsi una ripulita. La verità è che la ricorrenza del 10 febbraio ci fa male tre volte. Per il ricordo di quello che è accaduto settanta anni orsono ai nostri compatrioti; per ciò che continua ad accadere di umiliante e d’inaccettabile per la dignità della nostra Patria. E per l’amara constatazione di quanto sia viva e vegeta una certa sinistra nostalgica del comunismo che ha odiato altri italiani al punto di arrampicarsi sugli specchi del giustificazionismo pur di assolvere gli assassini, torturatori che a quei nostri fratelli dimenticati hanno inflitto dolore, perdita d’identità, morte e sradicamento territoriale. Signor Presidente Sergio Mattarella, le foibe sono la piaga che non smette di sanguinare; sono l’angoscia che arriva al cielo da "l’urlo" di Edvard Munch; sono lo struggente lamento del poeta (Salvatore Quasimodo) scolpito sulla pagina immortale di "Alle fronde dei salici". E come potevamo noi cantare/Con il piede straniero sopra il cuore...
CRISTOFARO SOLA