Secondo molte indiscrezioni provenienti da fonti interne al Movimento 5 Stelle, le quali sono state riprese da alcuni diffusi organi di stampa, Alessandro Di Battista starebbe preparando una rentrée al fulmicotone. Tutto questo in previsione dei cosiddetti stati generali dei grillini, che si dovrebbero tenere tra qualche tempo a Torino. L’idea che circola con sempre più insistenza è quella di una guida a due del M5S, con il ticket tra il barricadero "Dibba" e Chiara Appendino, volto quest’ultimo senza dubbio più istituzionale, se non altro per la sua posizione di sindaca del capoluogo piemontese. Sebbene, occorre sottolineare, che sul capo della Appendino pende la spada di Damocle del processo Ream, in cui la Procura ha chiesto una condanna a 14 mesi per la stessa Appendino, imputata di falso in atto pubblico e abuso d’ufficio. Ma a parte queste quisquilie, che non possono assolutamente intaccare la tempra d’acciaio degli onesti a 5 Stelle, la linea su cui il pasionario pentastellato intenderebbe rilanciare un non-partito incamminato verso l’estinzione è tutto un programma: ambientalismo e antiliberismo. Due temi che non rappresentano certo una novità nel crogiuolo luogocomunista da cui sembrano spuntati come funghi i paladini del bene comune alla Di Battista. Nel primo caso, persino tra i milioni di incivili italioti che sommergono i nostri parchi pubblici di rifiuti di ogni genere, pur avendo a disposizione ogni sorta di raccoglitore della spazzatura, non è difficile trovare solidarietà e consenso solo sventolando la bandiera ecologista dei gretini. In questo senso ipocrisia e conformismo, caratteri sempre molto presenti nelle società umane, costituiscono un ottimo compendio al citato luogocomunismo da bar. Ma è sull’antiliberismo dibattistiano che, come si suol dire, casca l’asino. In uno dei sistemi più statalisti del mondo, nel quale la stragrande maggioranza dei politici sono rigorosamente keynesiani e fautori di una lotta senza quartiere alle cosiddette disuguaglianze – tutto ciò ovviamente per un mero interesse elettoralistico – fa abbastanza ridere l’impegno programmatico di codesto novello Robespierre dei poveri. A tal proposito gli vorrei consigliare di leggersi il settimo rapporto sulla previdenza italiana, presentato in questi giorni alla Camera dal Centro studi di welfare di Alberto Brambilla. Emerge una realtà che a chi scrive, ahimè, è ben nota da tempo e molto poco rassicurante per il futuro prossimo di questo disgraziato Paese. In sintesi, numeri alla mano, la metà delle pensioni erogate dall’Inps risultano prive di alcuna copertura contributiva e, malgrado il dominante liberismo selvaggio contro il quale si sta per scagliare il supereroe Di Battista, il nostro welfare all’amatriciana (pensioni, assistenza e sanità) assorbe oltre il 54 per cento dell’intera spesa pubblica, la quale, mi permetto di ricordare, è tra le più alte in Europa. Tutto questo, poi, rappresenta causa e ed effetto di un sistema economico ingessato da una fiscalità abnorme e, dunque, condannato ad una perenne stagnazione. In pratica, per dirla con una battuta, l’antiliberismo del grillino giramondo dovrà faticare non poco per trovare, nell’ambito di una sempre più colossale spesa corrente, uno spazietto sul quale piazzare la sua bandierina di lotta contro la tirannia del mercato e dell’egoismo sociale. Ma nel frattempo, in attesa Di Battista tenti di sovietizzare quello che resta della delle libertà economiche, i suoi colleghi parlamentari resistono, resistono e resistono. E non per tenersi la poltrona e i ricchi emolumenti pubblici, bensì solo per non farsi sopraffare dal demone del succitato liberismo selvaggio. A volte ritornano.
CLAUDIO ROMITI