Un "dono di Dio" che "può portare frutti di bene". A patto, però, che siano utilizzate in maniera corretta "se non vogliamo che ciò comporti "rischi per le società democratiche". È la definizione che Papa Francesco ha dato delle nuove tecnologie nel suo discorso di ieri per la Plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, dedicata all'Intelligenza artificiale.
Il discorso è stato letto da monsignor Vincenzo Paglia, dal momento che Bergoglio ha annullato i suoi impegni pubblici a causa di una indisposizione. "L’epoca digitale – ha scritto il Papa – cambia la percezione dello spazio, del tempo e del corpo. Infonde un senso di espansione di sé che sembra non incontrare più limiti e l’omologazione si afferma come criterio prevalente di aggregazione: riconoscere e apprezzare la differenza diventa sempre più difficile".
"Gli utenti – ha aggiunto – sono spesso ridotti a ‘consumatori’, asserviti a interessi privati concentrati nelle mani di pochi. Questa asimmetria – ha ammonito il Pontefice – per cui alcuni pochi sanno tutto di noi, mentre noi non sappiamo nulla di loro, intorpidisce il pensiero critico e l’esercizio consapevole della libertà. Le disuguaglianze si amplificano a dismisura, la conoscenza e la ricchezza si accumulano in poche mani, con gravi rischi per le società democratiche". Si tratta di rischi che però "non devono nasconderci le grandi potenzialità che le nuove tecnologie ci offrono".