"Il Coronavirus riguarda tutti, tutto il mondo è preoccupato, tutte le autorità prendono delle misure, ma dobbiamo rimanere calmi e non bisogna fare come se si trattasse della peste nel Medioevo nelle città dell’Italia". Così l’Alto rappresentante Ue Josep Borrell rispondendo ieri a Bruxelles alle domande dei giornalisti.
Ancor più esplicite, al limite dell’insulto, le riserve del ‘New York Times’ a proposito del presunto carattere nazionale. "Gli italiani possono seguire le regole?", è il titolo dell’articolo dedicato alla gestione dell’emergenza e delle "fughe" dalle zone rosse in violazione dei divieto di spostamenti. Domanda retorica e avvilente perché la risposta è no, non ci riusciamo proprio.
Come dire, i provvedimenti ci sono, le misure straordinarie varate, il problema è che gli italiani non concepiscono proprio l’idea di rispettarle. Si tratterebbe di un morbo italico, si chiama "furbizia". Nell’accezione deteriore di chi se ne infischia delle regole e degli altri credendosi più sveglio di tutti. A supporto, anche un vecchissimo articolo di Luigi Barzini che dovrebbe confermare lo stereotipo più abusato.
Eppure al ‘New York Times’ il da fare non mancherebbe. A cominciare dalla giusta indagine sui silenzi presidenziali. Trump, germofobico, ma sincero paladino antiscienza, è terrorizzato all’idea che il diffondersi del Coronavirus gli faccia perdere le elezioni a novembre. E così, nonostante lo stato d’emergenza in tre Stati, il virus è tenuto saldamente al di sotto della soglia di allerta. Il contrario di quanto abbiamo fatto noi italiani, esponendoci al ruolo di untori del mondo.