Eccellenza italiana al servizio del paese, perché siamo in guerra. Si, è inutile negarlo, l’epidemia da coronavirus uccide e fa feriti gravissimi come le bombe e i fucili. Almeno secondo gli esperti del settore. Medici e scienziati prima di tutto. In queste ore terribili per l’Italia si vive come se si fosse in guerra. Gli ospedali sono al collasso per la quantità di ammalati che raggiungono i pronto soccorso del paese. L’emergenza costringe il personale ospedaliero medico e paramedico a turni infernali. Molte strutture sanitarie stanno assumendo anestesisti e rianimatori. Gli ospedali si stanno convertendo in uniche corsie adibite a rianimazione. Perché l’emergenza richiede più posti letto di quelli già a disposizione. Più posti ma soprattutto più ventilatori polmonari. Si, perché sono proprio i ventilatori a salvare la vita degli ammalati gravi affetti dal virus Covid-19. Ecco perché la protezione civile ha richiesto l’immediata disponibilità di un’azienda italiana che produce proprio ventilatori polmonari.
La Siare Engineering Group è infatti una delle quattro aziende al mondo (le altre sono una svizzera e due tedesche) specializzate nella produzione di macchine respiratorie e ventilatori polmonari per i reparti di terapia intensiva degli ospedali. L’azienda italiana con sede in provincia di Bologna in questi giorni ha vinto una gara con la Consip, la centrale unica degli acquisti della pubblica amministrazione italiana, per la fornitura di 2.320 macchine fino a luglio, circa 500 al mese. Tutta la produzione è stata contingentata dallo Stato italiano e gli ordini già pronti a partire verso l’estero sono stati bloccati e reindirizzati agli ospedali italiani. "Per qualche mese non potremmo più produrre per i nostri clienti, ma il nostro Paese è più importante" spiega il fondatore e presidente dell'azienda, Giuseppe Preziosa.
I ventilatori polmonari sono gli unici macchinari medici in grado di salvare le persone colpite da Coronavirus nella forma più grave. E gli ammalati gravi sono circa il 10% dei positivi al virus. Se poi si pensa che l’Italia ha una popolazione media prevalentemente anziana, più colpita dal virus, si capisce subito quanto siano necessari più respiratori. Le prime apparecchiature, quindi, sono già in partenza dal magazzino di Valsamoggia, in provincia di Bologna, verso la Lombardia e le altre zone del nord Italia che prima di altre hanno cominciato a fare i conti con l’emergenza. Ne occorrerebbero almeno mille di respiratori, ma almeno l’azienda italiana riesce a tamponare la richiesta. Anche in altri Paesi, infatti, i governi nazionali hanno contingentato le produzioni delle altre aziende specializzate nello stesso settore, evitando esportazioni.
L’accordo prevede entro la fine di luglio la consegna di circa 2.300 apparecchiature, ma probabilmente si dovrà raddoppiare e continuare a produrne 500 al mese fino a dicembre. In tutto, 5.000 apparecchiature per il territorio italiano potrebbero bastare. Il compito di produrre esclusivamente per il mercato interno è stato affidato alla Siare tramite una gara con la Consip, andata ovviamente deserta, vista l’assenza di aziende specializzate. La richiesta mondiale è di 35mila macchine all’anno, che costano fra i 15 e i 20mila euro: la Siare dovrà produrre 5mila unità in pochi mesi. Un’ impresa quasi impossibile se ci si pensa. Eppure Giuseppe Preziosa ha immediatamente accettato la sfida. Senza pensarci su.
"Ormai sono quasi al capolinea, vorrei lasciare un bel ricordo" – promette il 74enne instancabile. Per lui è doveroso aiutare in questo momento. Coraggio e volontà di ferro. Le qualità che hanno fatto finora la fortuna della Siare, azienda fondata nel 1974 da Preziosa che all’epoca era un ambizioso 28enne e che oggi è il capo di una vera e propria eccellenza italiana in grado di fare la differenza nella "guerra" al coronavirus. "Siamo presenti in 61 Paesi con tutte le certificazioni necessarie, con 80 persone che lavorano per noi più tutto l’indotto delle altre aziende che producono pezzi particolari che poi qui assembliamo –racconta orgoglioso a giornali e televisioni che nelle ultime ore lo hanno contatto.
"In Italia abbiamo sempre lavorato pochissimo, con oltre il 90% della produzione destinata ai mercati esteri. Siamo fornitori ufficiali di General Electric e Philips, fra gli altri, producendo solitamente 220- 230 pezzi al mese". Per questo nuovo sforzo richiesto dalla Protezione Civile, verranno inviati nel Bolognese "25 o 30 tecnici dell’Esercito, che lavoreranno insieme ai nostri. In questi mesi non potremmo più fornire la nostra clientela –aggiunge il presidente della Siare- però il nostro Paese è più importante". La guerra al virus non si ferma e l’Italia si prepara.
Una vera eccellenza italiana: 35 dipendenti e un fatturato annuo di 11 milioni di euro
Eccellenza italiana, fino a qualche giorno fa pressoché sconosciuta, la Siare Engineering International Group è stata fondata nel 1974 da Giuseppe Preziosa. Il presidente-fondatore ha 74 anni e continua a lavorare nella sua impresa. Una storia bellissima, la sua, massimo esperto nei settori dell’anestesia, rianimazione e terapia intensiva, tecnico di assistenza specializzato in ventilazione polmonare. A 28 anni era già direttore vendite di un’azienda americana, poi la decisione di fondare la sua azienda.
La Siare Engineering International Group che conta oggi 35 dipendenti e un fatturato di 11 milioni di euro, di cui il 90% sui mercati internazionali. L’azienda italiana è produttore primario, con una rete di vendita diretta, in 72 Paesi. In altri sessanta i prodotti Siare sono distribuiti da aziende internazionali, come General Electric e Philips. La Siare ha sempre avuto come obiettivo principale quello di portare l’alta qualità dei prodotti salva vita al servizio dei pazienti e del personale sanitario.
Il team di professionisti che lavora nell’azienda italiana è impegnato nello sforzo costante di rendere i nostri dispositivi medicali sempre più innovativi nel campo della ventilazione, anestesia e monitoraggio. La sede si trova nella zona industriale di Crespellano – Valsamoggia, provincia di Bologna in prossimità dello snodo autostradale A1 di Bologna.
Margareth Porpiglia