Un giorno all’improvviso, come si cantava al San Paolo in tempi di festa ormai lontani, il Covid-19, micidiale sconosciuto, settimo e più aggressivo agente della perniciosa famiglia dei coronavirus, un cosino piccolo un ottantamiliardesimo di un metro e anche meno, ha risucchiato il caos di Napoli. Fuaaahh. Il caos non c’è più. Non c’è più Napoli in terza fila, non c’è più Napoli impaziente e numerosa alle fermate degli autobus, non c’è più Napoli nei bar e nei ristoranti, non c’è più Napoli sul lungomare, non c’è più Napoli che spara e che spaccia. Non c’è più Napoli. La città è deserta. Il coronavirus ha inventato la città perfetta. Napoli senza napoletani. La ricetta dei benpensanti: Napoli bellissima senza i suoi abitanti ammuinatori, ferlocchi, contrabbandieri, avvocati, posteggiatori abusivi, strascinafacenne, putipù, triccheballacche, mandolinisti, pizzaioli e Maria Marì. Lo stereotipo mondiale.
"Un paradiso abitato da diavoli", il libro scritto da Benedetto Croce nel 1923 che però annotava: "Un proverbio che non ha più corso". Quell’illuminato lucchese cinquecentesco di Bernardino Daniello, commentatore di Dante, scrisse ai suoi tempi: "Io pur venni a Napoli gentile e per bene dove la natura propone fra se stessa di dare questo paradiso ad habitare a diavoli". E Piovano Arlotto, sacerdote fiorentino burlone e boccaccesco, già un secolo prima aveva scritto: "L’aria di Napoli opera bene in tutte le cose e male negli uomini senza i quali Napoli sarebbe un Paradiso". Allora eccolo qua il paradiso senza più i suoi diavoli. I droni sorvolano la città ritraendo immagini di vie e piazze deserte, via Roma e via Chiaia le strade dello shopping, piazza Dante con le librerie chiuse, negozi e pizzerie sbarrati, monumenti ancora più maestosi nella loro solitudine, il Maschio Angioino, Castel Sant’Elmo, la bocca vuota del San Paolo.
Ma, attenzione, c’è gente alla Pignasecca, il più popolare, variopinto e frequentato mercato di Napoli, nel cuore della città. Oh, però, hanno la mascherina e si muovono svelti. Tra i giardinetti di Piazza Nazionale, verso Poggioreale, giocano rincorrendosi alcuni bambini. E anche Piazza Garibaldi, davanti alla Stazione centrale, non è poi così deserta, però risulta molto scremata la sua popolazione multi-etnica, neri d’Africa e occhi a mandorla. Due vigili urbani sono stati aggrediti dopo avere fermato un giovane spacciatore al lavoro, però con regolare mascherina. La polizia ferroviaria ha fermato un viaggiatore sceso da un treno e privo di autocertificazione. Gli hanno chiesto il motivo del suo arrivo a Napoli. Ha risposto: "Sono venuto a trovare lavoro".
I furbetti del coronavirus non mancano. In via Caracciolo, un venticinquenne di Montecalvario, che faceva la sua corsa salutista, alla vista del posto di blocco ha finto inutilmente un malore. Denunciato per la sua libera uscita vietata. A Ercolano, fuori città, un uomo di 44 anni di straordinaria nobiltà deambulatoria passeggiava in calesse. Fermato e denunciato dai carabinieri: il "coprifuoco" da coronavirus non consente amenità in calesse. Due ventenni, in via Toledo, erano alla ricerca di un negozio per comprare un joystick, rimedio ineludibile alla loro quarantena: fermati dai carabinieri e consigliati a farsi un solitario con carte napoletane. Ci sono file ordinate davanti ai supermercati e ai bancomat, mascherine e distanze rispettate. Circolano duecento autobus che sembrano tanti, pochi passeggeri alle fermate. Sono accese le luci di Palazzo San Giacomo: il sindaco De Magistris e la sua giunta rivoluzionata e traballante lavorano, hanno ben altri virus nella maggioranza.
Vincenzo De Luca, il presidente della Regione che, in ogni apparizione, non riesce a liberarsi dalla imitazione di Crozza, emana ordinanze severissime. È per definizione "lo sceriffo". Ha detto: "Dobbiamo fare come i cinesi, quelli sì che sanno chiudere tutto". Contestato da avvocati e giuristi perché i suoi "provvedimenti cinesi" sono incostituzionali. I soliti "personaggetti" nell’accezione liquidatoria del lessico stroncante dello sceriffo. L’immensa Piazza del Plebiscito è un vuoto di 25mila metri quadrati fra la basilica di San Francesco di Paola e Palazzo reale. Ma è così dal 1994 quando Bassolino, sindaco di belle vedute, la pedonalizzò sottraendola alla distesa di automobili che resisteva dal 1963 quando fu destinata a parcheggio autorizzato. Negli Ospedali dei Colli si lavora contro la pandemia. Paolo Ascierto, primario del Pascale dove sono curati i pazienti affetti da tumore, somministra ai contagiati dal coronavirus un farmaco anti-artrite che rallenterebbe l’infezione. È in contatto con ospedali cinesi ed è stato contattato dal Roswell Park Institute, l’ospedale oncologico di Buffalo nello Stato di New York.
Il più antico quotidiano di Napoli, il "Roma", gli ha dedicato la prima pagina col titolo: "Forza Paolo". A Castelvolturno tutto tace. Il Napoli non c’è, giocatori tappati nelle loro case. Bloccato un camion con 17mila petardi e 720 chili di polvere pirica diretto in Grecia: la Guardia di Finanza ha denunciato i due uomini a bordo per detenzione di materiale esplosivo e inosservanza delle norme per la prevenzione del coronavirus. Sul terrazzino a mare della sua originale abitazione a Palazzo Donn’Anna, Dries Mertens si allena con un bottiglione di vino. Ha scritto su Instagram: "Un po’ di vino è la soluzione a tanti problemi". Lorenzo Insigne dalla sua nuova casa in via Petrarca, sulla collina di Posillipo, ha donato centomila euro agli ospedali napoletani e dal suo balcone appare e canta: "Un giorno all’improvviso".
Non è come nei giorni del colera del 1973, assassine le cozze crude, personaggio indimenticabile il vibrione, tanta paura al ritorno dalle ferie estive, un milione di napoletani vaccinati in una settimana, le navi della Sesta Flotta americana regalarono le siringhe a pistola, la ballerina inglese Linda Heyckeey, prima vittima, era stata ricoverata per una banale enterocolite. Non è nemmeno come ai tempi dell’ultima guerra, tanta gente per strada, scompariva al suono dell’allarme aereo, più di cento bombardamenti sulla città. Furono battaglie contro nemici conosciuti, il vibrione, le bombe. Ora è diverso. Il coronavirus è un nemico invisibile e sconosciuto.
Non si sa nulla del misterioso uovo che Virgilio avrebbe posto in una caraffa piena d’acqua protetta da una gabbia di ferro e appesa a una trave di quercia nei sotterranei del castello omonimo, Castel dell’Ovo, sulla propaggine di via Partenope, oltre il porticciolo di Santa Lucia. La leggenda recita: "Da quell’ovo pendono tutti li facti e la fortuna del Castel Marino". Per estensione, se l’uovo si rompe, non va in rovina solo il Castello, ma tutta Napoli. Speriamo bene. Dove si gioca al Lotto, vengono suggeriti questi numeri: 48 morto che parla che è diventato ‘o cinese, 73 l’ospedale, 90 la paura, 67 la corona, 47 il virus. Finora, in ordine sparso, sono usciti il 90 a Cagliari e il 48 a Napoli.
Mimmo Carratelli