Tamponi calciatori prima, qualche medico dopo. E qualche malato dopo ancora. Va così e non va bene. Va così e stavolta populismo…ci piglia. Non uno, non due, e neanche tre così per caso o per eccezione. Ogni giorno arriva la notizia che calciatori asintomatici hanno effettuato il tampone per sapere se hanno o meno contratto coronavirus. Perché hanno accesso che appare facile e immediato al tampone, per rassicurare e l’opinione pubblica sulle loro condizioni di salute?
Ogni giorno arrivano le notizie di medici e infermieri che lamentano non siano stati loro effettuati i tamponi, non effettuati su di loro perché loro asintomatici. Facciamo anche la tara, antipatica da fare, dello stress cui sono sottoposti medici e infermieri. Mettiamo nel calcolo anche qualche denuncia esagerata dalla esasperazione. Ma accade ed è accaduto che medici e infermieri, esposti al contagio quanto e ben più di calciatori che hanno avuto in squadra positivi al coronavirus o abbiano giocato contro squadre in cui un positivo c’era, abbiano dovuto attendere per vedersi applicato il tampone.
Attendere quanto e più di quanto non abbiano atteso i calciatori. E che succede ai malati, che succede a un cittadino che in casa, a casa sua, in uno di questi maledetti e indicibili giorni ha la febbre e la tosse? Succede che chiama il medico e il medico gli fa, via telefono, quello che si chiama triage. Il medico con una procedura standard e consolidata, cerca di capire se può essere coronavirus.
Se di questi maledetti giorni c’è febbre e tosse e, importante, la febbre non va giù con il paracetamololo (Tachipirina) allora con tutta probabilità è coronavirus. Il medico ti dice di stare a casa, paracetamolo e molta idratazione, monitoraggio della febbre pluri quotidiano. Il medico ti dice in sostanza di guarire a casa, come accade ad una alta percentuale di contagiati da coronavirus. E aggiunge, giustamente, di isolarsi dagli altri con cui si convive: altra stanza, let to, luogo dove si consuma il cibo, bagno se possibile.
Il medico ti dice anche di non andare in Pronto Soccorso od ospedale, non per farsi visitare. Ma giustamente ti dice che se i sintomi si aggravano e appena si affaccia difficoltà respiratoria di chiamarlo e lui chiamerà team medico che verrà a casa tua, per portarti in ospedale se necessario. Ti dice anche che il 112 puoi chiamarlo anche tu ma loro rispondono, giustamente, prima alle chiamate dei medici di base che sanno meglio valutare quando la chiamata è da insorgere di coronavirus o da insorgere d’ansia.
Lo si fa, giustamente, per non intasare, per funzionare, per non fare caos. E nessuno, proprio nessuno ti farà il tampone se non a sintomi evidenti e crescenti. Altrimenti sarebbe ingestibile tampone anche per chi ha una raucedine, sarebbe tampone non come presidio medico ma tampone come pillola sedativa per pubblica opinione.
Per i tamponi giustamente e comprensibilmente ci deve essere una fila e ci devono essere priorità e ragioni mediche per farlo. Prima i medici, gli infermieri, chi lavora a qualunque titolo negli ospedali e nei luoghi della Sanità. Poi chi lavora nelle filiere lavorative che portano per forza di cose a molti contatti interpersonali. Poi ad alcuni gruppi di potenziali contagiati… Di certo non a tutti perché tampone non è patente per circolare o timbro sull’ansia di testarsi per sapere di se stesso. Tampone è per tracciare mappe del contagio e per spezzarne, per così dire, le linee logistiche. Ma allora perché calciatori asintomatici (e forse qualcun altro) hanno posti avanzati nella fila? Stavolta populismo… ci piglia.