A parte i soliti incoscienti e menefreghisti, gli italiani in genere stanno rispettando il fermo "invito" del governo a restare a casa e, comunque, le limitazioni alla mobilità personale, finalizzate a frenare la diffusione del Coronavirus. Certo, più la quarantena si allunga, più sarà difficile rispettarla soprattutto a fronte della necessità di ripresa delle attività lavorative, il cui blocco sta creando pesanti difficoltà economiche quotidiane per molte persone. Si fa, dunque, sempre più diffusa e insistente la domanda su quanto tempo ancora durerà lo stato di isolamento sociale e di "domicilio coatto". Al momento nessuno sa rispondere anche in considerazione del rischio concreto che l’epidemia dal nord dilaghi verso il centrosud, favorita – tra l’altro – dai rientri "scomposti" di decine di migliaia di immigrati, avvenuti nei giorni scorsi e dall’inevitabile allentamento delle misure restrittive. Del resto nonostante i timidi segnali di regresso o di stabilità del picco dell’epidemia, la battaglia contro il virus appare ben lungi dall’essere vinta. Il Governo accanto alle iniziali misure di limitazione della mobilità e a quelle di sostegno economico rinnovate fino a metà aprile, sta infatti studiando ulteriori possibili provvedimenti per contrastare o quanto meno tenere sotto controllo la diffusione del virus allorquando, stabilizzata la situazione di picco, si tenterà, sia pur lentamente, di ritornare alla normalità.Si guarda alle positive esperienze di Cina e Corea nel "geo-controllo" dei cittadini basato sulle più avanzate tecnologie applicate ai telefoni cellulari. In pratica si dovrebbe passare dall’attuale autocertificazione cartacea circa i nostri spostamenti e relativi controlli su strada delle Forze dell’ordine, al monitoraggio telematico dei movimenti tramite il telefonino; ciò sia per controllare il rispetto della quarantena da parte dei contagiati, sia per individuare gli spostamenti e gli eventuali contatti dei cittadini al fine di intervenire rapidamente e con precisione laddove si dovessero verificare nuovi focolai infettivi. In concreto si cerca di accendere l’interazione tra e-health (sanità telematica) e data tracing (tracciabilità degli spostamenti e dei contatti dei cittadini). Analogamente si sta operando a livello di Unione europea, con un team di oltre 100 esperti di 8 Paesi, Germania in testa, per individuare le soluzioni più efficaci e opportune da offrire alla Comunità. In Italia la speciale task force di 70 esperti istituita dai ministeri dell’Innovazione tecnologica e della Salute ha cominciato a esaminare le oltre 300 proposte operative presentate dalle migliori aziende del settore tecnologico. In merito c’è da sperare che non si dimentichi il livello di eccellenza conquistato dalle imprese italiane. Il lavoro di selezione è molto delicato non solo perché muove notevoli interessi politici ed economici, ma perché le decisioni investono alcuni diritti fondamentali della persona come la libertà di movimento e, in generale, l’intera privacy. Lo Stato rischia di diventare invadente o, quanto meno, odiosamente "occhiuto" nei confronti dei propri cittadini. Ma come ha ricordato lo stesso Garante della privacy, Antonello Soro, di fronte alla drammatica necessità di tutelare il bene primario generale della salute pubblica è possibile qualche deroga al diritto della privacy. Ciò, ovviamente, ha specificato più volte Soro, "non deve diventare punto di non ritorno" e inoltre, la raccolta di dati e informazioni "non deve eccedere rispetto alle necessità e deve avvenire dentro un processo ben normato, controllato e soprattutto a termine". Comunque, tra le numerose proposte giunte al Governo ve ne sono alcune che potenzialmente si fanno carico di una maggiore tutela della privacy del cittadino, basandosi sui consueti tabulati telefonici (che i vari gestori registrano normalmente a fini commerciali) e sulla possibile preventiva "anonimizzazione" dei dati, salvo evidenziarli su richiesta dell’autorità qualora si rivelino di evidente interesse per la finalità perseguita. Un esempio tra gli altri può essere Securcube Phonelog, un innovativo sistema made in Italy, realizzato dalla Topnetwork spa di Roma, peraltro proposto "gratuitamente" al Governo come contributo sociale all’emergenza coronavirus. "Il tracciamento e l’analisi dei movimenti di numeri di telefono – spiega l’amministratore delegato della società, Franco Celletti – se effettuati con le dovute precauzioni, come l’anonimizzazione dei tabulati da parte dei gestori telefonici, non espongono la privacy dei cittadini a particolari rischi e al contempo possono aiutare fortemente la comunità intera nella lotta contro la pandemia in corso. Peraltro – sottolinea Celletti – i tabulati non memorizzano i contenuti, né audio né di testo, del traffico telefonico e, quindi, l’intervento non configura un’azione di intercettazione". Il sistema Securcube Phonelog, dunque, permette di analizzare i dati e di mappare la diffusione dell’epidemia, tracciando gli spostamenti degli utenti in quarantena o, comunque "attenzionati", segnalandone l’eventuale uscita illegale. Sapere che un utente infetto è gravitato in una determinata area può ottimizzare ulteriori procedure di prevenzione come l’effettuazione a tappeto di tamponi a tutti i cittadini di quella zona. E ciò senza la necessità di dover comunicare il nominativo/numero telefonico del primo utente infetto; una modalità quest’ultima che salvaguarda la privacy e soprattutto limita potenziali fuoriuscite di informazioni dovute per casualità o per attacco ai sistemi informatici da parte di hacker in cerca di informazioni. Prepariamoci, dunque, a queste nuove misure di limitazione della nostra libertà personale, magari in cambio di una ripresa delle attività lavorative. Nessuna preoccupazione a patto che i "controlli" rimangano fermamente ed esclusivamente finalizzati a combattere la diffusione del virus. Del resto dovremmo preoccuparci molto di più di quanto le applicazioni, che normalmente installiamo sui nostri telefonini, siano in grado di tracciare, grazie al chip Gps presente nei cellulari, tutti i nostri movimenti con un margine d’errore di pochi metri. Tali informazioni, infatti, non vengono registrate nei tabulati, ma spesso finiscono nella disponibilità di "sviluppatori mondiali" che poi ci "usano" e ci condizionano in vari modi.
di CARLO E. BAZZANI