Il destino della terra ci assegna prove difficile, come l’attuale pandemia di coronavirus oppure il fenomeno dell’emigrazione di massa. L’Europa ora è la meta di tanti disperati che fuggono dalla fama e della guerra. Ma per secoli il Vecchio Continente ha mandato tanti suoi figli a popolare la vastità del nuovo mondo. A partire dalla nascita dello stato italiano questo fenomeno si è incrementato.
Per un lungo periodo l’Italia ha incoraggiato l’avvio di tante braccia nel continente latino-americano spopolando le campagne, incapaci di sopravvivere alle novità istituzionali, sociali, economiche della nascente nazione. Così l’Italia ha seguito i suoi figli nelle nuove mete dell’emigrazione costruendo ospedali, scuole, licei, centri sociali, giornali, associazioni, consolati. Gran parte della classe politica dei paesi latino-americani ha usufruito della cultura politica proveniente dall’Europa, Italia in testa. Poi l’Italia si è progressivamente dimenticata degli emigrati, dei loro dei figli e dei nipoti. I tagli sempre più pressanti alla spesa pubblica hanno ridotto al lumicino la presenza dello stato italiano tra i nostri emigrati.
Gli ospedali, come quello di Montevideo, hanno chiuso, le scuole italiane sono state privatizzate, i consolati concentrati, le sedi Rai, come a Montevideo, sigillate. Se lo Stato si è progressivamente disimpegnato, restano tracce dell’italianità grazie ad associazioni regionali e culturali, sindacati e patronati. A Montevideo si tramanda una antica tradizione, quella del giornalismo in lingua italiana in Sud America. Su questa sponda dell’Atlantico, infatti, gli italiani portarono con i giornali, i loro intenti politici e sociali. C’erano quotidiani, settimanali e mensili, da Ushuaia a Caracas, passando per Buenos Aires, Porto Alegre e San Paolo, che diffondevano i diversi pensieri politici della madrepatria. A Montevideo veniva stampato "L’italiano" di Giovanni Battista Cuneo, consentendo sia ai commercianti liguri e piemontesi che agli esuli che si erano spinti sulle rive della Plata di conoscere i fatti del loro paese d’origine. Proprio da "L’Italiano" è venuto un contributo notevole alla crescita del giornalismo uruguayano accompagnato da altre testate sempre nella lingua di Dante, come ben ha raccontato Pantaleone Sergi nel volume "Storia della stampa italiana in Uruguay". A raccogliere questa eredità ci pensa il quotidiano "La Gente d’Italia", un piccolo miracolo d’editoria e d’identità italiana che festeggia oggi 22 anni di vita e 15 anni di presenza in Sud America. Alla esperienza uruguayana si è ora aggiunta quella in Argentina, in un percorso che segue le grandi migrazioni italiane di cui ci si ricorda solo con promesse elettorale poi puntualmente non mantenute. La macchina redazionale de "La Gente d’Italia" è fatta di sacrifici e impegni, rinunce e sforzi, soprattutto ora che lo Stato riduce molto il contributo alla stampa.
Un’esperienza unica a cui si guarda per la tenacia e la combattività che dimostra in ogni copia, mai prona al potere e alle istituzioni, voce libera e indipendente che riesce a dare la parola ai tanti italiani e figli di italiani che sono rimasti legati alle loro radici. Persone che soffrono per il disimpegno dello Stato, che vivono di nostalgia e rimpianti, tutti assorbiti in questo foglio pieno di storie e avventure. Il giornale risulta in giusto complemento in un continente in cui l’italiano continua a essere praticato, visto che è la quinta lingua più studiata al mondo proprio per l’incidenza che l’emigrazione ha avuto e tuttora ha in paesi come gli Stati Uniti d’America, Brasile, Uruguay, Argentina, Paraguay, Venezuela.
Così "La Gente d’Italia", quotidiano stampato a Montevideo e che arriva anche sull’altra sponda del Rio del la Plata, è l’ultimo discendente di una presenza giornalistica italiana qualificata, voci che hanno mantenuto il cordone ombelicale con la madrepatria, ma anche aiutato gli italiani a diventare persone attive nei paesi d’ospitalità, in Uruguay in particolare, dove la cultura politica è figlia delle grandi ideologie della penisola. Basta pensare che i presidenti della Repubblica uruguayana sono in gran parte italo-uruguayani: José Serrato, Gabriel Terra, Alfredo Baldomir Ferrari, Raphael Addiego Bruno, Pedro Demicheli, Julio Maria Sanguinetti e anche José "Pepe" Mujica, di madre ligure. Ma "La Gente d’Italia", sia nell’edizione digitale sia nelle copie cartacee, è qualcosa di più di un giornale.
E’ una voce che espande i rapporti tra Italia e Sud America, rinsalda legami familiari tra persone rimaste in Italia e emigrate a Montevideo e fa stringere relazioni politiche, giornalistiche e culturali tra sponde diverse. Su queste pagine si raccolgono le istanze degli italiani all’estero, si forniscono informazioni sulle elezioni, si discute del ruolo del Consiglio Generale degli Italiani all’estero, dei Comites, insediatisi con la legge del 2003. Oltre ovviamente alle associazioni che trovano spazi e accoglienza con i loro annunci di riunioni, incontri, proiezioni, feste, sagre e celebrazioni religiose. Un mondo antico ricompare in queste pagine in cui si scopre come le tradizioni non muoiano mai, neppure dall’altra parte del pianeta.
Marco Ferrari