La televisione martella. I contagiati, i tamponi, i morti, i guariti. Gli ospedali e le ambulanze. I medici in prima linea. L’esercito degli infermieri. Sono i santi del nostro tempo, ha detto il Papa. Un notiziario inesorabile fra il pessimismo della ragione e l’ottimismo del cuore. Un appuntamento quotidiano che accresce l’ansia e sfiora la speranza. Il bollettino serale di Angelo Borrelli. I chiarimenti degli esperti. Il governo in difficoltà. Si apre, si chiude.
Il virus resiste. Non arretra. Solo il vaccino lo ucciderà. Ma ci vuole tempo. Ricerche di laboratorio. Segnali di incoraggiamento. Si calcola che un vaccino usufruibile sarà a disposizione minimo fra un anno. La "guerra" continuerà. Convivere ancora col coronavirus. Ecco la spietata realtà. Avremo ancora un lungo tempo di ansia e allarme, di precauzione, di stare all’erta, di assembramenti pericolosi. E, allora, che vita sociale sarà? Ancora condizionata, limitata, sotto scacco. Fino al vaccino. Di volta in volta il prolungamento dei divieti.
Nuova data: il 3 maggio. Ma si andrà oltre. Il coronavirus è fra noi. Non ci molla. Può sparire e tornare, messaggero malefico di un pipistrello. Implacabile prosegue in tv il dispiegamento di cartelli, grafici, andamenti, proiezioni. La curva e il picco. Il modello matematico. La task force della ricostruzione. E intanto i nonni se ne vanno. Mesti, silenziosi, come magari è stata umile e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro, di sacrifici. Se ne va una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore e le privazioni, tra la fuga in un rifugio antiaereo e la bramosa ricerca di qualcosa per sfamarsi. Se ne vanno mani indurite dai calli, visi segnati da rughe profonde, memorie di giornate passate sotto il sole cocente o il freddo pungente. Mani che hanno spostato macerie, impastato cemento, piegato ferro, in canottiera e cappello di carta di giornale. Se ne vanno quelli della Lambretta, della Fiat 500 o 600, dei primi frigoriferi, della televisione in bianco e nero.
Ci lasciano, avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario, quelli del boom economico che con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi oramai dimenticati. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno gli stringesse la mano, senza neanche un ultimo bacio. Se ne vanno i nonni, memoria storica del nostro Paese, patrimonio della intera umanità. L’Italia intera deve dirvi GRAZIE e accompagnarvi in quest’ultimo viaggio con 60 milioni di carezze...
Fulvio Marcellitti