Nel suo recente rapporto la Commissione Economica per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL) ha confermato che, a causa della diffusione del Covid-19, il 2020 sarà l’anno della peggiore contrazione economica mai registrata nell’area dai tempi delle Grande Depressione. Se già nel periodo compreso tra il 2014 e il 2019 l’andamento economico era di crescita moderata e si attestava a un modesto 0,4% di incremento annuo a causa delle difficoltà vissute da Venezuela, Argentina e Brasile, ora la caduta è verticale, anche se nella media si nascondono performance perfino peggiori, come quella del Messico, il cui prodotto interno lordo è dato in contrazione del 9% per l’anno in corso.

Viste le previsioni economiche rese pubbliche dal CEPAL, l’area è destinata a vivere la peggiore crisi economica della sua storia, con la conseguenza che si assisterà ad un forte impulso alla disoccupazione e alla disuguaglianza sociale, caratteristica che già prima dell’epidemia faceva dell’America Latina l’area geografica più diseguale al mondo. La crisi del Covid-19 ha avuto un effetto immediato sui prezzi delle materie prime, in particolare del petrolio. Una situazione che aggrava ancor più le economie estrattiviste di paesi che basano la loro liquidità sulla vendita delle materie prime, che ora si trovano anche a corto del denaro necessario per far fronte alle spese imposte dalla lotta al coronavirus.

E’ questo anche il caso dell’Ecuador, il paese di 17 milioni di abitanti dove in proporzione si sono registrati più morti che in Brasile, che ha una popolazione di 210 milioni di individui. Paese che ha molti emigrati in Spagna e in Italia, l’Ecuador ha inizialmente sottovalutato le notizie della diffusione del virus, e non ha pensato di isolare i primi due casi registrati di persone che facevano ritorno in patria. In breve tempo il contagio ha potuto diffondersi nella regione di Guayas dove sorge la città costiera di Guayaquil. Sempre lì il virus ha trovato anche modo di diffondersi grazie a una festa per il matrimonio del rampollo della maggior famiglia produttrice del cacao alla quale hanno partecipato ospiti provenienti da Spagna e Italia, quando già questi due paesi erano in piena epidemia.

In breve, in una situazione in cui la sanità pubblica è ridotta all’osso a scapito della medicina privata, in un paese in cui solo il 4% della popolazione dispone di una assicurazione, lo spettacolo dei morti abbandonati per strada ha fatto il giro del mondo. Nel mentre da più parti sono stati denunciati scandali di imprese di pompe funebri che hanno fatto lievitare il costo di un funerale dal prezzo normale di 300 a 3000 dollari ora richiesti. O di mazzette sollecitate dagli infermieri negli ospedali ai parenti delle vittime per aver consegnato il loro corpo. L’intera area dell’America Latina ha registrato ieri la cifra di 8.701 decessi con un andamento alla diffusione dei contagi.

Di fronte al dilagare dell’epidemia, non tutti i governi dell’area latinoamericana hanno adottato le stesse misure. Alcuni stati, come Argentina, Uruguay, Bolivia, Perù, Ecuador, Colombia ecc. hanno preso provvedimenti restrittivi come l’imposizione del coprifuoco o l’impedimento al movimento delle persone, comminando ai trasgressori multe e perfino il carcere. Altri, come il Cile, hanno scelto di imporre il lockdown ad alcune comunas di Santiago e di altre località del centro sud.

Mentre in Messico il governo ha chiuso le scuole, le attività lavorative non strategiche, spiagge, parchi, centri sportivi, ma ha solo consigliato alla popolazione di stare a casa e di non uscire se non costretta. Nel Brasile di Jair Bolsonaro, che otto ex ministri della salute hanno denunciato per genocidio alla Commissione Onu per i diritti umani, il presidente negazionista ha dovuto incassare le dimissioni del suo ministro in disaccordo sulle politiche sanitarie, che solo raccomandano il distanziamento sociale senza imporre alcuna restrizione.

In Nicaragua, Daniel Ortega è alle prese con una crisi economica e sociale che dall’inizio della rivolta il 18 aprile del 2018 ha prostrato il paese, e in prossimità delle elezioni presidenziali del 2021 non si può permettere di bloccare l’economia. Così, dopo aver indetto manifestazioni di massa come la Marcia dell’Amore al tempo del coronavirus alla quale si è ben guardato di partecipare, nega di fatto la diffusione, non creduto dalla popolazione che applica volontariamente misure di prevenzione.

Ma manda in giro nei quartieri popolari di Managua in camioncini con la foto sua e della vice presidente Murillo sulla fiancata personale incaricato di dare qualche spiegazione igienica e poco altro. Nel Salvador, Nayib Bukele impone misure restrittive e si scontra con l’assemblea legislativa che lo accusa di voler imporre svolte autoritarie, ma si conferma il grande sostegno da parte della popolazione grazie anche al fatto che con il coronavirus sembra esser riuscito a far sparire la violenza delle pandillas che infestano il paese.

Per finire con il Venezuela, dove Maduro, il cui paese galleggia sul petrolio, deve affrontare una grave crisi di rifornimento di benzina, che in questi giorni è passata dal costare praticamente nulla ai due dollari al litro che si vende alla pompa da domenica. E vara l’ennesimo aumento del salario minimo legale che passa da 1,45 a 2,33 dollari.

Pur essendo provato che la crisi della benzina ha bloccato spesso lo spostamento del personale medico infermieristico impossibilitato a raggiungere il posto di lavoro, dichiara che tutto è sotto controllo e che il contagio è circoscritto, e accusa la vicina Colombia di voler introdurre nel paese l’epidemia. In tutto ciò, gli organismi a tutela dei diritti denunciano un aumento dei casi di violenza domestica dovuto al lockdown, in una regione della terra in cui quasi 20 milioni di donne e bambine sono vittime di violenza fisica e sessuale.

di CLAUDIO MADRICARDO