La preoccupazione per la crisi economica è stata la protagonista di questo Primo Maggio anomalo e virtuale vissuto stranamente tanto in Italia come in Uruguay. Una Festa del Lavoro senza i concerti e le grandi manifestazioni e, si teme, senza lavoro per via di quella che era iniziata come un’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus. Se a Roma è ovviamente saltato il concertone di Piazza San Giovanni, a Montevideo la centrale sindacale del Pit Cnt ha assicurato in qualche modo una celebrazione per il Primo Maggio con una sfilata di auto per le vie della città. Virtualmente o in modo presenziale alcuni dei patronati italiani in Uruguay hanno accompagnato come da tradizione l’iniziativa del Pit Cnt. "Mi piace andare ogni anno alla manifestazione, purtroppo questa volta non è stato possibile. In questa giornata atipica si è sentita molto la mancanza" riconosce subito Filomena Narducci del patronato Inas oltre che consigliere del Comites apparsa molto preoccupata: "La tendenza mondiale è che cresceranno le disuguaglianze e purtroppo questo succederà anche in Uruguay. Ci aspettano tempi molto difficili e ho la sensazione che tutte le promesse di aiuto che stanno facendo i governi e di cui ci sarebbe tanto bisogno alla fine non verranno mantenute. Per il movimento sindacale tutelare la fonte di lavoro oggi è più che mai prioritario". Sono tante le domande che Filomena Narducci si sta facendo in questo periodo aspettando risposte ancora troppo lontane. "Bisognerà capire innanzitutto quando ritorneremo alla normalità e poi come sarà il dopo. La situazione è estremamente complessa, il coronavirus farà sentire le sue conseguenze in ogni aspetto della nostra vita: il mondo del lavoro bisognerà reinventarlo, sarà tutto diverso sia per i lavoratori che per le imprese". All’interno di questo ragionamento l’esempio più lampante è quello del lavoro da casa ormai diffuso dappertutto ma non ancora sufficientemente compreso: "Resteremo a casa o torneremo a lavorare in ufficio? La strada più sensata sarà quella di regolamentare il lavoro da casa per quei lavoratori con le partite iva". La responsabile del patronato Inas ritiene che sia ancora troppo presto per poter commentare i piani portati avanti dai governi, tanto in Italia come in Uruguay, anche se si possono intravedere già alcuni segnali negativi: "In Uruguay è ancora tutto da verificare dato che si pensa che il virus possa raggiungere il picco con l’arrivo del freddo nel mese di giugno. Qui non abbiamo ancora visto niente, abbiamo un governo che appena si è insediato si è ritrovato nel mezzo di un’emergenza sanitaria inaspettata e che ovviamente ha scombussolato tutti i piani. Anche in Italia bisognerà vedere come sarà questa prima ripartenza di cui si parla in questi giorni, bisognerà vedere quanto reale sarà il sostegno promesso dal governo. L’unica cosa certa è che con questa crisi crescerà la disoccupazione e aumenteranno le disuguaglianze". "Ci dobbiamo preparare a soffrire". Questa l’amara previsione di Renato Palermo, coordinatore del patronato Inca oltre che rappresentante del Cgie (Consiglio Generale degli Italiani all’Estero) e consigliere del Comites, che si è limitato a osservare a distanza la manifestazione del Pit Cnt senza partecipare. Anche per lui questo Primo Maggio è stato molto particolare ma preferisce guardare il bicchiere mezzo pieno: "Per noi che abbiamo una certa età e che siamo abituati ad andare alla manifestazione ovviamente questa volta abbiamo sentito molto la mancanza così come è avvenuto il 25 aprile senza l’incontro alla Casa degli Italiani. Ho anche guardato la trasmissione del Primo Maggio in Italia e devo ammettere che vedere la sala vuota fa una certa impressione. Detto questo non bisogna però fare drammi perché questa situazione offre anche la possibilità di trovare nuove forme di manifestazioni creative e poi sappiamo che l’emergenza passerà". Sul futuro che ci aspetta Renato Palermo è convinto di una cosa e critica coloro che sperano nei cambiamenti positivi: "Sentiamo ripetere spesso frasi ottimiste, tipo saremo più sensibili e ne usciremo meglio. Io non ci credo proprio, al contrario i potenti del mondo faranno di tutto per aumentare i loro privilegi alle spalle degli altri. Come in ogni crisi ogni volta a pagare il prezzo più alto saranno i lavoratori, specialmente quelli informali". Sulla risposta che hanno dato fino ad ora i governi, il coordinatore del patronato Inca differenzia le strategie tra i due paesi: "I casi sono molto diversi anche perché il virus qui, almeno per il momento, non si è diffuso così largamente come in Italia. In ogni caso ho notato delle importanti differenze, in Italia c’è la volontà di far ripartire l’economia cercando di aiutare sia le imprese che i lavoratori e tenendo in conto le misure di sicurezza. In Uruguay vedo invece ancora poca chiarezza, c’è una reazione ancora troppo lenta anche se bisogna precisare che il sistema sanitario sta tenendo bene. Alcuni settori come l’edilizia sono stati riaperti ma con pochi criteri di sicurezza. La gente è fiduciosa, aspettiamo di vedere come si evolverà la situazione".

MATTEO FORCINITI