L’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus in Uruguay ha acceso i riflettori sulle condizioni delle case di riposo, i luoghi più a rischio per la propagazione del virus. Nel lanciare l’allarme, il Governo uruguaiano ha parlato apertamente di migliaia di persone a rischio che si trovano in strutture che violano i diritti umani. Sono stati annunciati, inoltre, controlli più rigidi e test a raffica nelle strutture per proteggere la fascia di popolazione con il più alto rischio di morire per il coronavirus in base alle statistiche. Quasi la metà delle persone morte in Europa, ricordiamo, era residente di case di cura come ha denunciato l’Organizzazione Mondiale della Sanità parlando apertamente di una "tragedia inimmaginabile".
Condizioni del locale, ricevimento offerto, pulizia, medicinali e personale: sono diversi i fattori che prendono in considerazioni le autorità uruguaiane nelle loro analisi diventate quanto mai necessarie con l’emergenza sanitaria. "Bisogna prendere le affermazioni del governo con cautela" precisano a Gente d’Italia alcune delle strutture che ospitano anziani italiani a Montevideo, la Casa di Riposo Italiana e la Parroquia Nuestra Señora de la Asuncion che hanno messo in atto già da due mesi un rigido protocollo di sicurezza come misura di prevenzione con il blocco delle visite dall’esterno. "In Uruguay si trova di tutto, strutture che lavorano bene e altre un po’ meno ma non bisogna generalizzare" ribadisce Claudio Rasner, responsabile della Casa di Riposo Italiana sulla avenida 8 de Octubre a pochi passi dalla Casa degli Italiani.
"È evidente che esistono grandi differenze, specialmente per chi vuole fare solo affari in questo settore e non si preoccupa del servizio. C’è una minima parte di strutture di che si trova sicuramente in condizioni critiche ma io credo che in generale la situazione sia positiva". Secondo Rasner l’obiettivo del governo oggi è quello di incutere paura nelle case di riposo per il "pericolo di un possibile collasso del sistema sanitario" come accaduto altrove. "Noi non abbiamo nulla da nascondere, quindi ben vengano i controlli del ministero della Salute ma bisogna anche considerare che la burocrazia ha la sua lentezza. Ci chiedono un sacco di riforme per ottenere l’abilitazione del Ministero e questo va bene ma ci danno poco tempo per realizzarle considerato anche che i costi sono notevoli: negli Stati Uniti, ad esempio, hai 10 anni di tempo come termine, in Uruguay solo 2 o 3 anni".
Anche Andres Neves della casa di riposo della Parroquia Nuestra Señora de la Asuncion (l’ex Missione Cattolica italiana) esprime concetti molto simili. "La denuncia sulla violazione dei diritti umani deve essere presa con le pinze. In Uruguay ci sono per la maggior parte posti buoni ma ciò non toglie che ne esistano anche alcuni in condizioni critiche ed è bene che siano controllati da parte del governo". "Il problema" -osserva il dottor Neves- "riguarda la poca conoscenza che si ha quando si parla di anziani, una fascia di popolazione vulnerabile e su cui pesa innanzitutto la precaria condizione economica ma questo fattore viene spesso dimenticato. Molte di queste persone hanno pensioni basse e riescono a pagare le case di riposo solo grazie all’aiuto dei loro figli. Il coronavirus oggi non ha fatto altro che far emergere una situazione che si conosceva già da tanto tempo".
Matteo Forciniti