C’è stato chi ha brindato con un Fernet, chi ha scelto il vino e chi un Aperol. Il primo incontro virtuale dei giovani italouruguaiani è andato in scena su Zoom in una piacevole videoconferenza che potrebbe rappresentare l’inizio di un qualcosa. Protagoniste sono state le nuove generazioni di italiani in Uruguay, ragazze e ragazzi che coltivano un sentimento d’appartenenza verso le proprie radici ma che spesso non trovano il luogo dove manifestarlo. Attraverso un brindisi, un saluto e una presentazione le storie dei protagonisti si sono incrociate in questa serata di quarantena imposta dal coronavirus. A proporre l’iniziativa è stata -ancora una volta l’Associazione Calabrese con il suo gruppo di giovani che è riuscita a catturare per un po’ quel sentimento di italianità che temevamo aver perso con l’emergenza sanitaria e l’isolamento. "Da tempo avevamo pensato di realizzare un incontro di giovani italouruguaiani anche alla luce del successo ottenuto dalla Festa che ci unisce dello scorso 8 marzo" ha spiegato Nicolas Nocito dell’Associazione Calabrese, il moderatore della serata che è riuscito a mantenere sempre l’ordine nella conversazione coinvolgendo tutti. "La nostra idea continua a essere quella di formare un gruppo di giovani più ampio all’interno della collettività italiana che vada al di là delle associazioni e che possa essere davvero unitario e aperto a tutti. Avevamo già programmato un incontro presso la nostra sede ma purtroppo questa situazione ci ha fatto modificare i piani. Bisogna adattarsi alle circostanze e dato che esiste la possibilità di sfruttare la tecnologia abbiamo deciso di realizzare l’incontro in modo virtuale. Poi, quando sarà possibile, lo faremo davvero. Questa serata ci ha lasciato un’ulteriore consapevolezza: c’è tanta voglia di far risorgere la nostra collettività". Oltre ai calabresi, alla videoconferenza hanno partecipato discendenti di diverse regioni e ci sono stati anche un paio di collegamenti da Buenos Aires. Per alcuni si è trattato di una prima volta nel contatto con la comunità italiana come il caso di Luis Felipe Calasso Adriana Toral: "Ho trovato l’invito su Facebook e mi sono incuriosita perché mi interessa molto mantenere le mie origini, questa è un’opportunità per conoscere gente nuova. Mi sono detta proviamo e vediamo come va al limite mi potranno cacciare".Anche per Luciana Rossi, da poco rientrata da un soggiorno di studio a Perugia, la videoconferenza è stata un’occasione per avvicinarsi a un qualcosa di intimo che si porta dentro ma che non ha mai trovato spazio nelle associazioni: "Io sono convinta che non si può essere cittadini di un paese senza conoscere la lingua e la cultura. Credo che ci debba essere sempre un senso di appartenenza che va oltre il semplice passaporto". "Io sono cresciuta ascoltando le storie che parlavano dell’Italia" ha raccontato Romina Tortorella parlando del suo rapporto ciclico con l’Associazione Calabrese, una situazione che condividono tanti figli e nipoti di italiani in questo paese: "Fin da bambina frequentavo con i mie genitori l’associazione che è un posto familiare. Poi crescendo ho smesso di andare perché la consideravo solo un posto per anziani. Per me la svolta è stata la possibilità di accedere, due anni fa, a una borsa di studio in Calabria che ha segnato un prima e dopo e ha riacceso la voglia di partecipare".
di MATTEO FORCINITI