Il Governo le ha classificate come "commissariabili". Si tratta delle opere in cima alla lista dei desideri del premier Conte. "Commissariabili perché?". In virtù del decreto Sbloccacantieri del 2019, che in realtà di cantieri ne ha sbloccati pochissimi. Soltanto l’undici per cento, in Italia ci sono attualmente 750 cantieri bloccati. "Tenere tutto fermo significa rinunciare a un potenziale di 962mila posti di lavoro", denuncia con fermezza e lucida precisione l’associazione dei costruttori. Nel settantuno per cento dei casi i soldi sono già inseriti a bilancio, ma la burocrazia frena tutto. In lista d’attesa ci sono opere per 273 miliardi, ferme, bloccate da anni. Le incompiute sono così suddivise, 473 al Nord, 115 al Centro Italia, 161 al Sud.
Esiste una mappa delle grandi opere bloccate. Tristemente prima nella classifica di questo ennesimo scandalo italiano è Gela, in Sicilia. Diciassette opere bloccate da anni, i Lotti 7 e 8 completamento della tangenziale di Gela; sedici a Palermo, SS121 della A19, rotatoria Bolognetta; in terza posizione della graduatoria del menefreghismo e della dimenticanza le opera incompiute della Dorsale Ionica Lamezia-Catanzaro. In realtà, se vogliamo prendere in considerazione i tronchi stradali, al primo posto andrebbe sistemata la Sassari-Olbia. Diciotto opere dimenticate e non s’intravvede quando e come i lavori possano riprendere lungo questa fondamentale fascia della Sardegna.
Giusto martedì, strana coincidenza, sono partiti i lavori del terzo megalotto della strada statale 106 Jonica, trentotto chilometri tra Sibari e Roseto Spulico. Un miliardo e 300 milioni di spese e 1500 occupati in provincia di Cosenza. Una delle grandi incompiute d’Italia apriva l’ultima lista delle priorità di governo. Il totale degli interventi previsti è di quindici interventi per un controvalore d 13,9 miliardi di euro. Attento sguardo all’elenco delle opere strategiche o prioritarie, i lavori da sbloccare o da avviare in realtà sono molti di più. Corretta valutazione è presente infatti nell’ultimo rapporto Cresme, presentato a febbraio. Censiti 615 lotti sparsi in tutta Italia, da alcuni importanti nodi viari del Nord - la Gronda di Genova per cominciare - al completamento dell’Alta velocità ferroviaria verso Trieste. E interventi su ferrovie e strade del Centro e del Sud Italia. Zone che attendono da anni l’alta velocità fino a Reggio Calabria e la Catania-Messina-Palermo.
Il monitoraggio effettuato dall’Ance fornisce indicazioni e risultati decisamente imbarazzanti. Le opere bloccate, come detto, sono 749 per un controvalore molto alto, 62 miliardi. La suddivisione per gradire, 33,5 miliardi al Nord, 11,1 miliardi al Centro, 17,2 nel Mezzogiorno d’Italia. Di questi interventi, 101 sono classificati come "grandi opere", con un importo superiore a 100 milioni di euro e un ammontare complessivo di 56 miliardi. Medio-piccole le restanti 648, per una spesa di 5,5 miliardi. Questi numeri fanno supporre che queste opere siano le più facili da far ripartire. Il rapporto sulle "Infrastrutture strategiche e prioritarie 2020" fa emergere che su 273 miliardi di lavori messi in programma negli ultimi anni, il cinquanta per cento (219 miliardi di euro per le sole opere strategiche) del valore riguarda interventi in fase di progettazione. 283 lotti per 109 miliardi; cantieri aperti con lavori in corso, 149 lotti per 45,8 miliardi, e solo l’undici per cento riguarda opere ultimate. In numeri, 129 lotti per 24,1 miliardi. Il rapporto è stato realizzato da Cresme e Centro studi della Camera.
Da considerare, inoltre, che il 5,5% di lavori in gara o aggiudicati, 22 lotti per 11,6 miliardi, un altro 4,5% risulta contrattualizzato ma con lavori non ancora iniziati, e infine l’8% riguarda lotti con contratti rescissi o con stato di avanzamento misto per 18,5 miliardi. Montagne di soldi immobilizzati. Ma secondo il Cresme non è tanto un problema di soldi. Circa 155 miliardi sono infatti già disponibili a bilancio, bloccati tra procedure, autorizzazioni, permessi, pastoie varie. Nel dettaglio, il 48% riguarda le sole riguarda le ferrovie; il 34% strade e automobili, per 74 miliardi; il 13% (28 miliardi) i sistemi di trasporto rapido di massa in Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia; il 2% e 4 miliardi per gli aeroporti, l’1% porti e interporti per complessivi 2,5 miliardi.
Un capitolo a parte il Mose di Venezia. Pesa da solo per il 3%, ovvero 5 miliardi e mezzo. I cantieri commissariabili sarebbero in tutto quattordici. Corretta lettura del rapporto Cresme consegna quanto segue: il completamento della A2 Tarquinia-San Pietro Palazzi (1 miliardo), lo svincolo della SS514 Chiaramonte fino alla SS675 Umbro-Laziale, collegamento porto di Civitavecchia-Orte. Miliardi fermi anche in opere ferroviarie: Fortezza-Verona, Verona-Trieste, Taranto-Metaponto-Potenza-Battipaglia, il raddoppio Genova-Ventimiglia, la Roma-Pescara, la Salerno-Reggio Calabria, la Palermo-Trapani. Ma non è finita, ci sono 13,9 miliardi di interventi sulle infrastrutture idriche, sul sistema acquedottistico di Peschiera, le dieci dighe tra Sardegna e Sicilia, e gli interventi sugli immobili scolastici. Quattro su dieci necessitano di lavori straordinari. A volerli riaprire davvero i cantieri, se la volontà fosse davvero questa, ci sarebbe solo la difficoltà della scelta. 273 miliardi aspettano da anni.
Franco Esposito