Bonafede, il Palazzo lo salva, l’Italia non lo assolve dalla prescrizione. Per il Governo il pericolo legato ad un voto di sfiducia al Ministro Bonafede è passato, ma ciò non vuol dire che i problemi della giustizia non restino ancora drammaticamente sul tavolo. La mozione Bonino ne aveva stigmatizzati alcuni. Probabilmente i più evidenti. Che comunque non esauriscono il novero delle criticità della Giustizia. Bonafede si è fatto promotore dell’intervento più reazionario ed illiberale tra i tanti che si sono succeduti in questi anni. Quello che ha modificato le regole sulla prescrizione. L’ha chiamata "riforma" ma di innovativo quell’intervento non ha nulla. Ha invece introdotto l’idea, per niente nuova peraltro, che un processo possa non aver mai fine. Una idea in contrasto con i principi del giusto processo introdotto nella Costituzione. In base a cui questo deve avere una ragionevole durata. Mutuandola dall’Etica crociana, ha elevato a Categoria dello Spirito la concezione di uno Stato e di un Ordinamento giuridico ove la pena ha una funzione puramente retributiva, quasi medicinale. Un rimedio per cui il tempus commisi delicti è degradato a pura scansione temporale che non può mai interferire con la pretesa punitiva dello Stato-Leviathan. In cambio di quella poltrona che ha rischiato di non aver più, ha accettato anche di farsi commissariare, cosa che credo non sia mai avvenuta prima. È stato infatti annunciato il varo di una Commissione che dovrà vigilare sull’attività del Governo sulla Giustizia. Che pare dovrà fondamentalmente occuparsi di come fare uscire il Ministro dal pasticcio prescrizione in cui si è andato a cacciare. Una situazione surreale. Ionesco nel suo teatro dell’Assurdo non avrebbe saputo far meglio. Resta poi ancora drammaticamente attuale il tema dell’abuso della custodia cautelare. Più di un terzo dei detenuti è in attesa di giudizio, a fronte del 22% della media europea. Un dato allarmante, checché ne dicano Gratteri o Davigo. Dato sul quale è necessaria una seria riflessione se ancora vogliamo rivendicare un posto tra i Paesi con un tasso accettabile di civiltà giuridica. Un tema che sembra del tutto estraneo al Ministro Bonafede, più impegnato a rincorrere i propositi giustizialisti degli ex alleati di Governo (oltre che le anime arrabbiate del suo Movimento) che a mettere mano all’italico costume dell’abuso della carcerazione preventiva. Bonafede ha poi introdotto nell’Ordinamento penale uno strumento tanto pervasivo da far impallidire i meccanismi di controllo sociale in uso nella Repubblica Popolare di Cina. Quei virus informatici chiamati Trojan, attraverso cui un cittadino, che si sia macchiato o no di reati indifferente, basta il fumus, è spiato 24 ore su 24. Una norma introdotta senza alcun serio dibattito parlamentare, frutto solo di una cultura del sospetto che anima sistematicamente certa politica e che è incurante dei diritti dell’individuo. Un profondo limite culturale che lascia sempre segni indelebili nel tessuto sociale. Infine, nonostante i tanti proclami, segna il passo la proposta di riforma del CSM. Oramai è evidente che le logiche correntizie dell’Organo di autogoverno della magistratura hanno avuto il sopravvento, scalzando i criteri meritocratici di valutazione necessari per un incarico. Non è possibile che la responsabilità di un ufficio giudiziario venga decisa dal capo corrente di una delle tante fazioni in cui è divisa la magistratura. L’avrà fatta franca il Ministro. Sarà pure uscito indenne dal pericolo di tornarsene a casa. Anche grazie alla solita manovra di Palazzo, ovviamente. Ma adesso la Fiducia dovrà meritarsela pure fuori da quel Palazzo.

ANTONIO BUTTAZZO