Prosegue con cadenza settimanale l’implacabile circostanziata inchiesta di Report sulla Regione Lombardia. "Un equivoco, un colossale equivoco, niente di più", lo definisce Andrea Dini, cognato del governatore regionale leghista Attilio Fontana, sessantotto anni, presidente della regione dal 2018. Ma l’incidente, ammesso che di questo si sia trattato, mette in una situazione comunque di grande imbarazzo il presidente Fontana. Come se non bastasse il bombardamento di polemiche che gli viene scaricato addosso un giorno sì e l’altro pure, per la controversa gestione dell’epidemia da coronavirus in Lombardia. E la minaccia incombente di una richiesta di commissariamento della sanità regionale. Molto probabile, sostiene chi sa. Nella puntata di ieri sera su Rai3, il settimanale Report ha scoperchiato l’ennesimo pentolone. Il classico vaso di Pandora. Rifatta in tv la cronaca dello scandaletto anticipato dal Fatto Quotidiano.
Il 16 aprile scorso, nel cuore dell’emergenza coronavirus, la centrale acquisti della Regione Lombardia, Aria, con sede al Pirellone, ordina 75mila camici per medici e infermieri. Totale di spesa, 513mila euro a favore della società della moglie di Fontana e del cognato, Andrea Dini. Emessa ad aprile, la fattura viene annullata il 22 maggio. Viene comunque escluso che ci sia mai stato un effettivo pagamento. Secondo Fontana e suo cognato, si è trattato di un errore amministrativo. Quei camici erano una donazione alla Regione Lombardia, non una compravendita. L’errore viene attribuito a un black out degli automatismi burocratici da parte della macchina amministrativa regionale. Il cognato di Fontana, Andrea Dini, si è giustificato nell’intervista rilasciata all’inviato di Report, Giorgio Mottola. "Quando io non ero in azienda durante il coronavirus, chi se ne è occupato ha male interpretato. Ma io me sono accorto e immediatamente ho rettificato. Doveva essere una donazione, i miei collaboratori sapevano tutto, conoscevano la realtà delle cose".
La versione di Andrea Dini non convince le opposizioni. I nemico politici di Fontana non la mandano giù. Da qui la richiesta di un intervento in Consiglio comunale oggi pomeriggio. Montano sospetti, i dubbi crescono di ora in ora. Le opposizioni ritengono che la variazione in corso d’opera, da acquisto in donazione, sia stato il classico escamotage. Il motivo? Mettersi al riparo delle polemiche che avrebbero fatto seguito alle rivelazioni del Fatto Quotidiano e di Report. "Una gara non gara? Magheggi a insaputa dei protagonisti che solo i leghisti possono fare, nonostante la gravissima situazione che li circondava. Morivano migliaia di persone", accusa con la forza delle persone convinte, sicure di quello che dicono, e l’impeto di una dialettica che non prevede attenuanti, il rappresentante dei Cinque Stelle, Massimo De Rosa. "Se proprio vogliamo praticare ai leghisti uno sconto, si può affermare con certezza che questo è un altro pasticcio. Uno dei molti, nella migliore delle ipotesi", punta il dito accusatorio il Pd Fabio Pizzul.
I democratici annunciano un’interrogazione parlamentare. Fontana e la Lega hanno richiesto alla Rai di bloccare la messa in onda del servizio. Richiesta non accolta. La protesta leghista è stata rabbiosa a prescindere. "Nell’automatismo della burocrazia, nel rispetto delle norme fiscali e tributarie, l’azienda oggetto del servizio di Report accompagnava il materiale erogato attraverso regolare fattura stante alla base la volontà di donare il materiale alla Lombardia. Tanto che prima del pagamento della fattura è stata emessa una nota di credito, bloccando di fatto qualunque incasso". Arrampicata sugli specchi o rappresentazione di una verità non digeribile secondo i partiti che stanno all’opposizione in Regione Lombardia, e ne praticano l’esercizio con particolare puntiglio. Picchiano duro Movimento Cinque Stelle e Partito Democratico. Nondimeno è tosta la replica dei leghisti, non disposti a farsi mettere i piedi addosso e soprattutto a ritrovarsi all’angolo. "Nessuna accusa può esser fatta a coloro che nel periodo di guerra al Covid 19 hanno agito con responsabilità e senso civico, per il bene comune".
Ma nessun riferimento a un dato di fatto oggettivo. Neppure un accenno, e la leggerezza stupisce M5S e Pd. La voce leghista ignora che "l’azienda oggetto del servizio di Report, la Dama Spa, il noto marchio di abbigliamento Paul&Shark, è effettivamente di proprietà della moglie e del cognato del presidente di Regione". Una feroce bagarre, tra accuse e repliche. Una partita dialettica dall’esito finale forse anche prevedibile. Anche se per normale eccesso di prudenza, solo per questo, l’unica previsione attendibile è che ne vedremo di tutti i colori. Di verde e azzurro, giallo e rosso, nei giorni a venire.
Franco Esposito