Nell’Uruguay che torna alla normalità dopo 3 mesi di coronavirus comincia a riattivarsi anche la comunità italiana: lo scorso mercoledì ha riaperto la sede dell’Associazione Calabrese di Montevideo, uno dei gruppi più attivi del panorama italiano nel paese. “La decisione è stata presa all’unanimità dalla commissione direttiva. Molti soci ce lo chiedevano e la situazione in Uruguay al momento è positiva. C’è bisogno di tornare gradualmente alla normalità, nel nostro caso seguendo il protocollo dei ristoranti”.
Il giovane tesoriere Nicolas Nocito spiega a Gente d’Italia quella che è stata la prima decisione del genere all’interno della collettività italiana con l’emergenza sanitaria seppur controllata ancora in corso. “Dopo la quarantena molte persone ci hanno manifestato il desiderio di tornare a frequentare la sede per la voglia di una socialità che è stata assente per un lungo periodo. Abbiamo deciso di riaprire i mercoledì sera con le nostre classiche cene, volevamo vedere come andava il primo appuntamento e i risultati sono stati molto positivi con una trentina di partecipanti. Alcuni soci per il momento preferiscono restare a casa ma hanno ugualmente appoggiato la nostra decisione”.
Oltre all’appuntamento dei mercoledì sera, l’Associazione Calabrese ha ripreso anche i corsi di italiano, il martedì e il giovedì sera, che adesso si svolgono nella sala grande proprio per rispettare le norme di sicurezza: “Cerchiamo di prendere le dovute precauzioni con tavoli a distanza, utilizzo dell’alcol in gel e mascherina. Ovviamente evitiamo anche i baci e gli abbracci, i saluti adesso sono cambiati”. Nocito ribadisce, inoltre, che la riapertura è stata dettata anche da una questione di necessità economica proprio come successo in scala più grande all’interno della società uruguaiana dove però i motori dell’economia non sono stati mai realmente spenti.
“Per noi questo era un anno pieno di progetti ambiziosi. Prima dello scoppio della pandemia avevamo fatto diversi lavori per riqualificare la nostra sede. Si è trattato di un grande sacrificio economico che pensavamo di poter recuperare con gli eventi. Ecco perché, oltre all’aspetto della socialità, oggi abbiamo l’esigenza di tornare a far muovere la sede e fare cassa”. Quello della collettività calabrese è solo la prima fase di un ritorno alla normalità che a dire il vero dovrà ancora farsi attendere.
Per i grandi pranzi che caratterizzano questa associazione ci vorrà ancora del tempo: “Siamo fiduciosi che a partire dal mese di settembre si possano riprendere gli eventi più grandi sempre se la situazione in Uruguay lo consentirà. L’ipotesi più probabile è che dovremmo mettere posti limitati e sfruttare solo la metà della capacità della sede per poter assicurare il distanziamento”.
Matteo Forciniti