Dunque, andando con ordine. Nel 1993 - cioè 27 anni fa - la Democrazia Cristiana cessa di esistere. Cioè chiude i battenti. E dal 1994, cioè un anno dopo, ogniqualvolta decolla un progetto politico, un partito, un movimento o un semplice cartello elettorale c’è sempre qualcuno che obietta, e scrive, che questa potrebbe essere la volta buona. Ovvero, tradotto, finalmente "ritorna la Dc". Ora, sulla Dc sono stati scritti chilometri di libri, la letteratura è pressoché sterminata e non mancano, al riguardo, i tifosi e gli eterni detrattori. Ma, al di là del giudizio storico e politico che ognuno di noi tiene ovviamente per sè, è indubbio che il fantasma della DC continua ancora ad aleggiare. Chi ha ancora un briciolo di memoria storica, ricorda perfettamente che nel 1994 quasi tutti gli osservatori sostenevano candidamente che Forza Italia non era nient’altro che la reincarnazione concreta della Democrazia Cristiana. Per svariate motivazioni. Poi toccò alla Lega di Bossi per i consensi che incassava nel nord del nostro paese, nelle tradizionali "zone bianche". Per non parlare, in misura leggermente minore ma comunque sempre con lo stesso riferimento, della Lega di Salvini per i massicci consensi diffusi in tutto il paese. E poi, senza il benchè minimo pudore, abbiamo addirittura ascoltato, e letto, che il partito demagogico, populista e anti politico per eccellenza, cioè i 5 stelle, potevano rappresentare il "nuovo partito di centro" degli anni duemila. Per non contare gli oltre 60, dico 60, tentativi che in questi ultimi 20 anni hanno cercato di riproporre all’attenzione della pubblica opinione la riproposizione della Democrazia Cristiana come nuovo soggetto politico organizzato. Tentativi, come da copione, tutti miseramente falliti. Anche se va dato atto a questo gruppo di irriducibili amici ex democristiani di averci perlomeno provato. Ora, senza entrare nel merito delle varie esperienze fallite nè, tantomeno, senza giudicare i confronti tra la Dc e i molti partiti ed esperienze che ne avrebbero dovuto raccogliere l’eredità, almeno due aspetti li voglio ricordare. Prendendoli a prestito da un autorevole e qualificato esponente di quella nobile esperienza politica, Guido Bodrato. Diceva il leader piemontese in un dibattito, tempo fa, che la Dc è stata "un fatto storico". Cioè una esperienza politica che, al di là delle singole opinioni, va collocata storicamente. Un partito collocato in una fase politica definita a livello nazionale ed internazionale che, come ovvio, non può essere banalmente e semplicisticamente replicabile. Una osservazione, verrebbe da dire, persino scontata. E, aggiungeva Bodrato con parole simpatiche ma efficaci, "La Dc era come un vetro infrangibile. Quando è andato in frantumi si è perso in mille pezzi e pertanto non è più ricomponibile". Ecco, parole semplici ma che spiegano bene il senso di quella esperienza politica e che, soprattutto, azzerano alla radice ogni tentativo di emularla nell’attuale contesto politico italiano. Una riflessione che, però, vale anche per il passato più o meno recente. Ecco perchè sulla Democrazia Cristiana sarebbe consigliabile fissare un punto di non ritorno. Perchè un conto è rileggere criticamente quella straordinaria esperienza politica, i suoi riferimenti ideali, la sua classe dirigente nazionale e locale, la sua cultura di governo e il suo progetto politico. Tutt’altra cosa è copiarne il modello politico ed organizzativo e trasferirlo meccanicamente nella contesa politica. Quasi a prescindere. Tutt’altra cosa, invece, è continuare ad attingere a quella sorgente culturale, a quella esperienza di governo e, soprattutto, al magistero della sua classe dirigente nazionale. Un solo esempio. Nei giorni giorni abbiamo ricordato i 50 anni dello Statuto dei Lavoratori, una delle più grandi conquiste democratiche e costituzionali del secondo dopoguerra. Può essere dimenticato, al riguardo, il magistero e il ruolo concreto di un politico come Carlo Donat-Cattin, artefice di quella conquista democratica, civile e storica? Ma gli esempi sono infiniti e si potrebbero citare decine di leader e statisti che hanno costellato e contribuito a radicare e a qualificare la democrazia italiana nel corso degli anni, dal secondo dopoguerra in poi. Per questi semplici motivi, quando si parla della Dc e del ruolo che ha avuto nella politica italiana, forse è veramente giunto il momento per distinguere la storia dalla politica. La storiografia dalla militanza politica. E questo non solo per il rispetto della Dc e per quello che ha rappresentato in Italia ma anche per non continuare a fare confusioni e, soprattutto, per non cadere nel ridicolo o nel patetico.
di GIORGIO MERLO