Si pagano gli intermediari per ottenere illecitamente un appuntamento al consolato come abbiamo spesso denunciato. Si pagano 300 euro per chiedere la cittadinanza per via di una legge del 2014 molto discussa. I diritti degli italiani all’estero sono in vendita, basta poterli pagare. Il discorso vale ancora di più per il riconoscimento della cittadinanza per via materna in quella che è una storia tragicomica: seconda la legge una donna nata prima del primo gennaio del 1948 non può trasmettere la nazionalità ai propri discendenti. Una norma totalmente discriminatoria come ha stabilito la Cassazione in una sentenza del 2009. Incredibilmente da allora nessuna legge è stata mai approvata dal Parlamento e così tantissimi discendenti sparsi nel mondo hanno scelto la via giudiziale per vedersi riconosciuto in Italia un loro diritto. L’uruguaiano Alvaro Regalado è uno di questi. Racconta che ha pagato circa 4mila euro per affrontare una causa al termine della quale gli è stata riconosciuta la nazionalità grazie a una bisnonna paterna nata intorno alla metà dell’ottocento, vale a dire un secolo di differenza rispetto a quanto indica la legge. La vicenda di Alvaro è iniziata 5 anni fa quando viveva in Spagna: "Mi ero trasferito con l’intenzione di cercare lavoro e rimanere ma sono stato costretto a rientrare in Uruguay perché non avevo i documenti. Da lì ho iniziato a interessarmi della storia familiare ricostruendo l’albero genealogico e cercando di recuperare gli atti originali di una faAlvaro Regalado miglia con vari rami di origini italiane. Non sapevo da dove iniziare e sono andato da un patronato dove mi hanno aiutato". Dopo un’intensa ricerca è riuscito ad entrare in possesso dell’atto di nascita originale del suo antenato, Carlotta Firpo nata ad Arenzano (Genova) nel 1863. "Mi sono subito messo in contatto con avvocati italiani ma inizialmente mi avevano detto che la mia era una situazione abbastanza particolare e sarebbe stato molto difficile. Poi ho contattato un secondo avvocato dello studio Cerulli Arena che lavora tra Milano e Buenos Aires e mi ha detto che era possibile vincere la causa come effettivamente è successo. La richiesta l’abbiamo fatta insieme con mio fratello perché ci avevano detto che ci volevano minimo due persone per poter iniziare la causa". Accolta con grande soddisfazione, la sentenza del Tribunale ordinario di Roma gli è arrivata nei giorni scorsi a casa e a breve la presenterà alla Cancelleria consolare. Una delle prime cose fatte da Alvaro al momento di conoscere l’esito positivo della sua richiesta è stata quella di raccontare la sua esperienza in un gruppo su Facebook: "Da allora molta gente mi scrive e mi chiede consigli su come fare. Io dico sempre che ci vuole molta pazienza e che bisogna essere fiduciosi. Certo, 4mila euro per molti è una cifra troppo alta da pagare, io sono stato un po’ fortunato dato che ho diviso le spese con mio fratello. La legge italiana è assolutamente discriminatoria contro le donne, credo che non si dovrebbe pagare una cifra così alta per vedersi riconosciuto un diritto". Alla domanda su che cosa rappresenti per lui questa seconda nazionalità e con tutto quello che ha dovuto affrontare Alvaro risponde con grande sincerità: "All’inizio chiaramente ho pensato questa come l’unica possibilità che avevo per poter restare legalmente in Europa a lavorare. Detto questo devo anche ammettere che durante la ricerca dei documenti ho avuto modo di affezionarmi alle mie radici conoscendo storie familiari che ignoravo completamente. Nel mio caso non è solo un semplice caso, oggi nutro un senso di appartenenza verso l’Italia a cui sono grato per avermi dato questa possibilità".

di MATTEO FORCINITI