Gli italiani sono stati esemplari, la classe politica no.
È convincimento diffuso che il popolo italiano, pur con tutti gli stranieri e sbandati, sia migliore di chi li governa. Sono queste le opinioni che circolano tra i cittadini informati dai media e bombardati dai partiti, che si specchiano nel ritratto quotidiano di una nazione allo stremo, senza soldi e senza lavoro, investita dalla peggio- re crisi degli ultimi secoli. Un ritrat- to, che sia pure veritiero, non giova e non corrisponde al profilo italico.
Gli italiani di fronte al coronavirus, un’epidemia che ha scalzato la logica del dualismo ideologico per cui tutte le scelte e le conseguenze dipendono dalla politica, ha risposto in modo adeguato. Il popolo ha capito rapidamente, prima di tutto. Il popolo ha eseguito, pur nel caos dei vari epidemiologi e virologi e delle prime confuse direttive tra gli slogan scellerati sull’involtino e le accuse degli avversari. Il popolo ha rispettato i "codici rossi": milioni di famiglie e di individui tutti a casa di botto, tutte le città, tutte le cittadine e i paeselli, tutte le province e le regioni, dal nord al sud, alle isole, senza nessun incidente e senza necessità di interventi particolari delle forze dell’ordine, hanno contribuito a un lockdown più ordinato di quello nella testa degli stessi amministratori.
Il governo ha prodotto una valanga di decreti, gli italiani di fatto hanno semplificato. E nonostante le polemiche, non ci sono stati disordini e le città in un battibaleno si sono svuotate. Gli anziani sono morti soli, le famiglie hanno inventato il tempo, i giovani non hanno fatto particolari capricci, tutti hanno tirato giù saracinesche e chiuso attività. Buoni e meno buoni, bravi e meno bravi, ricchi e poveri, tutti in ordine quasi perfetto. Va dato atto agli italiani!
Non accadeva altrettanto nel resto d’Europa e del mondo, cioè nell'incredula Germania ed Inghilterra, nell'altezzosa Francia, nella vagabonda Spagna e anche nei colossi Stati Uniti e Russia non andava meglio. In America Latina il virus impazza ancora e si nascondono i morti, negli Usa si sono messi a fare le proteste antirazzismo e a decapitare le statue. Siano dittature, come la Cina, siano giganti come l’India, siano capitalisti o fragili democrazie, a tutti l’Italia ha dato una lezione civica, morale e umana.
E in Lombardia il virus è stato feroce forse come solo nella provincia di Wuhan, ma rispetto all’Impero del Sol Levante il nostro piccolo stivale si è comportato all’altezza degli epici eroi, dei mitici romani e di tutta la storia dei geni e delle menti. Si sono fermate mafie, omicidi, femminicidi, incidenti, rapine e tutto l’armamentario giudiziario pesante. E che dire dei nostri medici e infermieri degni dei nostri avi. E dei nostri virologi ed esperti, che se non fossero divisi da una classe politica litigiosa, potrebbero rivendicare il primato di aver indicato al mondo linee guida e com- portamenti. Numeri uno, l’Italia è un Paese di numeri uno, di talenti ed eccellenze. Tradito, però, dalla classe politica. La nostra classe politica non va bene, va malissimo. Per cui ben venga l’idea appoggiata da Francesco Rutelli di una "scuola di pubblica amministrazione" per formare eccellenze ritrovando la qualità e la trasparenza. Indispensabile, e speriamo che non sia l’unica iniziativa. Il problema non sono le poltrone, ma chi governa, cioè le persone.
Che sia la sinistra, che si è messa a rispolverare il peggior statalismo e dirigismo, graziata dal padreterno dalle conseguenze che potevano es- sere un flagello a causa di un’immigrazione fuori controllo, ma scaduta nelle ridicole guerre addirittura contro le statue di Montanelli e Cristoforo Colombo. Che siano i 5 Stelle, che alla prova della verità dopo i V-day hanno tradito le aspettative omologandosi al malgoverno contro cui si erano battuti. Cito solo l’episodio più scandaloso del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che in pieno silenzio ha consentito l’uscita dei capi mafiosi, per i quali c’erano voluti anni e sangue per le catture, i quali - come confermano le cronache - sono andati a riorganizzare la malavita e il malaffare. Che misera vergogna, signor Governo! E che poche buone azioni dei vari ministri rispetto alla sconfitta generale.
Gli italiani dai balconi, sui tetti, dai telefonini, dai video, in diretta streaming, dalle città deserte insieme con intellettuali in ordine sparso hanno immaginato un "mondo mai più come prima", mentre la politica ha parlato solo di soldi. Tanto che lo spirito dell'emergenza pandemica lo hanno colto più le pubblicità, gli spot, gli slogan che non i provvedimenti. La nostra classe dirigente non spiega come abbassare le tasse, come evitare gli sprechi e come rimodellare il lavoro sulle nuove realtà, un lavoro per tutti, siano stranieri o coloro che il lavoro lo vanno perdendo e cercando. La nostra classe dirigente non vara un grande piano sul reddito da lavoro vero e concreto, ma confusi "stati generali dell’economia", snobbati e svuotati. Una volta i politici per vin- cere le elezioni lanciavano slogan del tipo "un milione di posti di lavoro". Il punto infatti non sono gli interventi economici, il punto è che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, quindi occorre assicurare l’occupazione non il prestito o il sostegno. Forse onorare il principio fondativo costituzionale sarebbe la fine del clientelismo politico? Di fatti quello che è avvenuto è che sono usciti i boss dal 41 bis, è uscito perfino col borsone già a tracolla il solito Massimo Carmina- ti, cioè il mondo di mezzo che serve il mondo di spora, sfruttando quello di sotto di Mafia Capitale. Attenzione, la cancrena avanza! E la pietosa Virginia Raggi, che ha preso Roma con una maggioranza schiacciante, invece di utilizzare questo tempo per rendere la Città biglietto da visita splendente, ci viene a raccontare che siamo alla seconda "grande liberazione" perché saranno cacciati i Casapound dal palazzo abusivo. Intanto la Città eterna, che anche così fa il giro del mondo, è trattata come una discarica a cielo aperto. Come si può sopportare tutto questo? Volete che tornino i leoni?
Se ne sono accorti tantissimi. Ai cittadini non arriva quasi nulla, come dicono Giorgia Meloni e Matteo Salvini, delle casse integrazioni e dei sostegni. I finanziamenti, che poi ripagheremo salato, si fermano e finiscono chissà dove. Stiamo finanziando il malaffare non la ripresa. Perché quello che è necessario a un popolo talentuoso è il lavoro.
Questo chiedono le tante categorie sui giornali e nei telegiornali, come i musicisti "silenziosi" della protesta in piazza Duomo, come i ristoratori, gli albergatori, gli artisti, i professionisti, gli assicuratori, gli impiegati, come i tanti stranieri venuti qui per lavorare. Nessuno di costoro pre- tende di andare avanti con prestiti, redditi od elemosine. Ma la classe dirigente non capisce, perché loro, i politici, gli amministratori e i sacerdoti, vivono sulle nostre fatiche e coi soldi nostri.
Donatella Papi