L’evanescenza del governo e la durezza della crisi. In una manciata di ore la cronaca politica ed economica squaderna in tutta la sua drammaticità l’asincronia fra la politica e la realtà, con la prima che riesce solo a procrastinare e a vivacchiare a colpi di "salvo intese" e la seconda che si presenta in tutta la sua gravità attraverso i dati impietosi di tre (tre!) istituzioni economiche nazionali e internazionali. Da un lato un esecutivo che licenzia il Decreto semplificazioni - che sarebbe dovuto essere l’architrave del rilancio post-Covid - al termine di una maratona notturna, alle 4 di notte, come se fosse una scatola vuota, rimandando tutti i nodi irrisolti a ulteriori trattative fra partner di maggioranza, non a caso Conte cerca poi di rimediare con una conferenza stampa in cui racconta il via libera (ma non definitivo) "a una lista di 130 opere strategiche"; dall’altro Bankitalia, Commissione Ue e Ocse che disegnano assieme uno scenario da far tremare i polsi, tratteggiando una Italia dove le cose vanno peggio del previsto, dove la metà delle famiglie perderà reddito quest’anno e dichiara di poter andare avanti non più di tre mesi in assenza di altre entrate, dove la disoccupazione scoppierà in autunno coinvolgendo soprattutto i più giovani.
Il Palazzo che affonda nelle sabbie mobili del tiriamo a campare e il Paese che affonda per le conseguenze del Covid. Leggere assieme i tre report economici è, al di là di semplice retorica, operazione per forti di spirito. Bankitalia mostra come il virus abbia davvero picchiato duro sulle famiglie italiane, non solo quelle coinvolte, purtroppo, da un punto di vista sanitario. Anche quelle che non hanno avuto un familiare malato, intubato, o peggio, venuto a mancare, ne sono state colpite duramente: una su due quest’anno dovrà stringere la cinghia perché perderà un pezzo di benessere, che sia uno stipendio o l’incasso di qualche fattura. Più della metà racconta di non poter andare avanti dignitosamente in assenza di entrate per più di tre mesi. Il 30% non andrà in vacanza quest’anno. Il 40% di quelle che hanno un mutuo fa fatica a pagare le rate. L’Ocse ci mette un altro carico non da poco: la disoccupazione esploderà nel 2020 al 12,4% e bisogna sperare che in autunno non ci sia un’altra ondata, altrimenti la percentuale di chi perde un lavora aumenterà ancora. Angel Gurria, il segretario generale dell’organizzazione, poi ricorda come i più colpiti in Italia sono i giovani, tanto da lanciare un grido di dolore accolto dal silenzio della politica: "non si deve permettere che il risultato di questa crisi sia una generazione persa".
Infine la Commissione europea, che arriva a darci il colpo di grazia: il calo del Pil è peggio del previsto, -11,2% quest’anno, e dobbiamo davvero sperare che non ci sia bisogno di un nuovo lockdown, altrimenti sono guai seri. Del resto, alcuni segnali dell’economia reale - se vogliamo uscire dai freddi numeri dei report - fanno correre un brivido lungo la schiena. Basti dare un’occhiata alle lunghe file di fronte ai banchi dei pegni: gli italiani vendono i gioielli di famiglia, l’argenteria di casa pur di arrivare a fine mese. Di fronte a un quadro così tragico, lascia ancora più sbigottiti la strategia del rinvio adottata dal premier Conte su tutti i dossier più importanti. Qui davvero la lista è lunghissima, lo stesso premier ha ammesso il ritardo: Autostrade, ex Ilva, Alitalia, la banda larga, il Mes, i decreti Sicurezza e chi più e ha più ne metta.
Per tacere dell’ultima puntata notturna. Il decreto semplificazioni che stanotte è stato approvato "salvo intese", il che vuol dire che non è stato approvato definitivamente, in quanto alcuni nodi - come la lista delle grandi opere da sbloccare e i poteri dei commissari - non sono stati sciolti, un testo definitivo non c’è ma si ragiona ancora su bozze e il provvedimento non andrà in Gazzetta Ufficiale prima di alcuni giorni, come ammesso dallo stesso Conte. A poco vagono le slide presentate dal premier in conferenza stampa: la lista delle 130 opere sbloccate può ancora cambiare, di definitivo non c’è nulla. Stiamo parlando di un provvedimento particolarmente atteso, quello che Conte ha annunciato due mesi fa e che ha ribattezzato come la "madre di tutte le riforme". Un’enfasi che diventa ancor di più irritante visti i ritardi e le baruffe di maggioranza. Intanto il Paese aspetta. Sicuramente non spera più.
GIANNI DEL VECCHIO