Nell’Uruguay che torna alla normalità riaprendo tutto o quasi c’è ancora qualcuno che va a rilento. È il caso dell’Ambasciata italiana attraverso i servizi consolari come denunciano numerose associazioni della collettività che chiedono a gran voce un impegno maggiore. Nel paese che sta riuscendo a tenere la minaccia del coronavirus sotto controllo e che rappresenta un’eccezione nel contesto latinoamericano la vita è tornata già da un pezzo alla nuova normalità: anche se qui non c’è mai stata una chiusura totale oggi quasi tutto è stato riaperto con le misure di sicurezza e anche gli alunni delle scuole stanno progressivamente tornando in classe. Con 10 persone attualmente positive al Covid 19, a Montevideo il panorama è decisamente fiducioso e attualmente le preoccupazioni delle autorità uruguaiane sono rivolte principalmente alle zone di frontiera con il Brasile.
Alla luce di queste premesse molti si chiedono: perché l’Ambasciata continua ad operare a rilento? Ci sono stati casi positivi al coronavirus tra i funzionari? Dopo oltre due mesi e mezzo di chiusura per l’emergenza sanitaria la cancelleria consolare ha riaperto le porte al pubblico dal primo giugno ricevendo però solo su appuntamento. Lo sportello informativo di avenida Brasil invece è aperto temporaneamente ma solo una volta a settimana il giovedì mattina. Quello dei servizi consolari è un problema arcinoto che si trascina da anni senza una soluzione concreta e che è stato oggetto di una forte strumentalizzazione politica: il coronavirus adesso gli ha dato un ulteriore colpo micidiale provocando un ritardo nelle pratiche per circa 3mila persone come hanno ammesso recentemente le autorità consolari. Quanto tempo ci vorrà per risolvere questa enorme mole di lavoro?
Con ottimismo l’ufficio consolare ha parlato di 3 mesi di tempo per mettersi in regola con le pratiche mentre l’ambasciatore Iannuzzi è apparso più prudente durante l’ultima seduta del Comites affermando che allo stato attuale è impossibile fare delle previsioni. Dopo le preoccupazioni espresse dai consiglieri del Comites il mese scorso adesso intervengono anche le associazioni italiane. "C’è una grandissima contraddizione tra la realtà che stiamo vivendo in Uruguay e l’operato dell’Ambasciata" afferma Anna Claudia Casini, responsabile della sezione uruguaiana dei Marchigiani nel mondo che fa un ulteriore precisazione: "Le date per il rinnovo del passaporto sono state cancellate e non riassegnate come invece hanno detto dato che fino ad ora non sono stati comunicati nuovi appuntamenti. Chiarire questo punto è doveroso".
Ma non sono solo i marchigiani a lamentarsi... "L’apertura dello sportello informativo una volta a settimana è davvero troppo poco, in ogni caso c’è bisogno di una maggiore velocità nel risolvere le pratiche". Questo il commento di Maria Teresa Fittipaldi dell'Associazione Lauria. "Sappiamo che con la sola informazione non si fa niente, qui il problema è la riapertura dell’ufficio consolare che dovrebbe iniziare a funzionare a pieno regime e ovviamente con le misure di sicurezza senza correre rischi". "Frequento la collettività da un sacco di anni e con l’Ambasciata ci sono sempre stati problemi. I servizi che offrono sono pari a zero, le lamentele sono notorie" ricorda Eugenio Nocito, ex presidente dell’Associazione Calabrese. "In una situazione di difficoltà come questa ci sarebbe bisogno di una maggiore assistenza verso i connazionali ricevendoli con tutte le misure di precauzione. E invece continuiamo ad assistere a un’enorme presa in presa in giro. Non si sa cosa pensare: o ci sono istruzioni del governo italiano di ostacolare le cittadinanze oppure qualcuno all’interno dell’Ambasciata gestisce gli appuntamenti a piacere".
"Perché il sistema degli appuntamenti on line è chiuso?" si chiede Aldo Zanfabro del Circolo Giuliano. "Non si può prenotare un appuntamento neanche via mail con diversi mesi di attesa. Davvero non capisco il senso di questa scelta". Per Silvia Norbis del Circolo Trentino di Montevideo "c’è assolutamente bisogno di una maggiore apertura al pubblico dello sportello informativo" dato che un solo giorno a settimana è "decisamente troppo poco". Coincide Diego Dotti della Famiglia Piemontese di Colonia Valdense: "Oltre a rispettare i protocolli sanitari stabiliti dalle autorità italiane e da quelle uruguaiane sarebbe opportuno ricevere il pubblico per più giorni a settimana e potenziare le comunicazioni, tanto quelle via mail che quelle telefoniche. Il problema è sempre lo stesso, in Uruguay c’è poco personale per una collettività numerosa".
Matteo Forciniti