Il sacerdote Biagio Rinaldi, di Scalea, esponeva a Ferdinando IV di Borbone il suo “Piano per lo riacquisto del Regno” e si dichiarava pronto ad armare entro un mese “un corpo di spedizione per dar sesto alla Capitale e mandare alle ceneri tutti gli infedeli e felloni”. Lo riportano fonti d’ epoca. Non aspettava che l’ordine del Sovrano “per lo radunamento di genti atte all’armi” sotto il segno del Crocifisso.
Era il 13 gennaio 1799. Le truppe francesi si preparavano con l’aiuto dei giacobini, ad entrare a Napoli. L’8 febbraio a Punta Pezzo, vicino Scilla, sbarca con soli sette uomini il Cardinale Fabrizio Ruffo, nominato da Ferdinando IV Vicario Generale del Regno. Ordina ai suoi di munirsi “senza attrasso (ritardo, ndr) di tempo del segno di una bianca Croce nella parte destra del cappello, o berretto, per dimostrare così di essere veri cristiani, fedeli a Dio e al loro legittimo sovrano”. Il giorno successivo gli armati sono 42, e nel giro di cinque giorni si riescono a formare tre compagnie di truppa regolare di 70 uomini ciascuno, che il Ruffo provvede di divise e di paga giornaliera, come un vero esercito. Da Sant’ Eufemia giungono a Scilla altri 400 uomini, e il 13 febbraio può avere inizio la marcia dell’Armata Cristiana e Reale. Appena i parroci e i governatori diffondono il proclama del Cardinale, i paesi si ”realizzano” spontaneamente ripristinando le insegne borboniche e la Croce al posto degli alberi della Libertà, così, quando le truppe sanfediste vi entrano, le popolazioni hanno già preso le armi e costretto i francesi alla ritirata. La propaganda giaco- bina insinuerà che ciò accade a causa del terrore suscitato dai sanfedisti, descritti come “avanzi di galera” al seguito di un “Cardinale mostro”. In realtà, all’appello del Ruffo accorsero tutti gli strati della popolazione: medici, avvocati, notai, nobili, ma soprattutto contadini, quei “paysans de la Calabre” che nel 1806 avrebbero resistito strenua- mente alle armate napoleoniche. La reazione fu trasversale, unendo, come in ben pochi altri momenti della storia del Regno, sovrano e popolo, ceto civile e “masse”. Dopo tre mesi di inarrestabili vittorie, la “riconquista” ripristina le insegne reali, ricolloca i simboli religiosi, restituisce le chiese al culto, sgombera i conventi occupati dai soldati e vi riporta i religiosi. Le popolazioni si riappropriano della loro identità e tradizione. Agli inizi di giugno, le truppe sono molto vicine alla capitale del Regno, il Governo repubblicano sente prossima la sconfitta e proclama il coprifuoco, ordinando ai napoletani di non uscire dalle case durante il cannoneggiamento della città da Forte Sant’Elmo all’ingresso delle truppe sanfediste. Ma un gruppo di calabresi, giocando d’anticipo, attacca il forte di Vigliena, dalla parte orientale, creando il panico tra i giacobini, che si danno alla fuga. È il 13 giugno 1799, l’Armata della Santa Fede entra a Napoli.
Carmela Maria Spadaro