La decisione di svolgere il referendum costituzionale confermativo della riforma che taglia il numero dei parlamentare accorpato ad altri voti in un "election day" a settembre non piace al Consiglio generale degli italiani all’estero che vede la difficoltà in diversi paesi colpiti da COVID-19 di esercitare il diritto costituzionale di voto.
In una lunga assemblea svolta online, i consiglieri hanno espresso la volontà di proporre questo problema e hanno annunciato che verrà richiesto un incontro al ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Il Cgie ha già a febbraio espresso la sua preoccupazione e contrariretà a una riforma che taglia anche la rappresentatività degli italiani all’estero. Ma la decisione di raggruppare in un election day a settembre il voto per regionali e referendum confermativo è vista come una minaccia allo stesso diritto di voto degli italiani all’estero.
Il segretario generale del Cgie Michele Schiavone, traendo le conclusioni di un’assemblea durata olre tre ore, ha chiesto uno "spazio per dialogare e per sottoporre le nostre necessità, alla luce di quanto sta succedendo e soprattutto per le difficoltà effettive per la partecipazione in tanti paesi del mondo"
A suo giudizio "è una situazione che dovrebbe porta- re una ragionevolezza non solo della Corte costituzionale ma anche del Presidente della Repubblica che ha firmato il decreto sulla semplificazione nel quale (...) è contenuta la data (del referendum)".
Schiavone ha annunciato che, in un incontro che avrà luogo oggi con il direttore generale della Farnesina per gli Italiani all’estero e le politiche migratorie Luigi Maria Vignali e con il sottosegretario agli Esteri Ricardo Antonio Merlo verrà richiesto un incontro con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio.
Schiavone ha detto che l’obiettivo sarà quello di "fargli capire che non si tratta di una questione partitica, ma che quanto richiediamo è l’essenza se non la quintessenza dei diritti civili che la Costituzione garantisce a tutti i cittadini italiani".
Uno spostamento di "qualche mese" del referendum costituzionale sul numero dei parlamentari consentirebbe ai cittadini all’estero e anche in Italia maggiori garanzie e informazione. ha continuato il segretario generale del Consiglio generale degli italiani all’estero (Cgie) Michele Schiavone.
La riforma del taglio dei parlamentari incide, secondo Schiavone, pesantemente sulla rappresentanza degli italiani all’estero. "In questa trasformazione del numero dei parlamentari, c’è una linearità nella riduzione. La nostra rappresentanza attualmente di 12 deputati e 6 senatori, complessivamente 18, sarà ridotta di 6, cioè di un terzo, e si rischia di portarli a 8 e 4, per complessivi 12 rappresentanti", ha ricordato il segretario generale Cgie. Ma, oltre al numero, preoccupa l’impatto che questa riduzione avrà sulla riorganizzazione della rappresentanza. Schiavone ha segnalato che "se oggi all’estero un deputato è eletto da 400mila cittadini, in futuro questo numero si raddoppierà, ovvero con i numeri e con l’aumento dei nostri connazionali all’estero, rischia di raddoppiare. Mentre i senatori, che oggi all’estero vengono eletti da 700mila connazionali, in futuro rischiano di essere eletti da un milione e mezzo di elettori ed elettrici. Dunque c’è di per sè un sostanziale e profondo cambiamento della rappresentanza".
Schiavone ha inoltre segnalato come non sia "partita alcuna campagna d’informazione". E questo, ha ricordato, "è un elemento portante soprattutto per quanto riguarda le garanzie, ovvero l’informazione affinché i connazionali all’estero possano partecipare con convinzione ma soprattutto coscienti dell’effetto della propria decisione".
La pandemia COVID-19, ancora, rischia di rendere complicato per gli elettori italiani all’estero esercita- re il loro voto. "In diverse aree geografiche del mondo in questo momento la situazione sanitaria non permette gli spostamenti, la mobilità ordinaria, per cui c’è il rischio che in tantissimi paesi non si potrà votare. Neanche per corrispondenza. Oppure che i costi della partecipazioni diventino più cari, proprio perché ci sono degli accorgimenti richiesti dalle poste locali in diversi paesi", ha segnalato il segretario generale Cgie.
"Se il referendum fosse spostato di qualche mese – ha quindi proposto – ci sarebbero ulteriori garanzie affinché anche in Italia, invece di parlare contestualmente sia dei governatori, dei presidenti di regione o dei sindaci, e si parlasse espressamente del contenuto del referendum, allora sarebbe molto più opportuno organizzare con un maggiore tempo a disposizione anche l’opinione pubblica affinché si facesse davvero un’opera di informazione diffusa, cosa che alle condizioni date purtroppo non si vede e difficilmente pensiamo possa essere messa in cantiere".