Addio vecchio Nord. Spazzato via dopo anni di battaglie con Umberto Bossi che parlava un giorno sì e un altro pure di Roma ladrona. La Lega Nord muore, per volere di Salvini, il vecchio partito che sognava un divorzio dal resto dell’Italia. Ne nasce un altro, "La lega di destra" che vuole chiamare a sé tutti gli italiani senza distinzioni di sorta. Il leader del Carroccio deve però fare i conti con la vecchia guardia legata ad antichi schemi. Così, se ne vanno in tanti. Secondo le prime stime il 30 per cento degli iscritti straccia la tessera e sbatte la porta in faccia al nuovo. È la fine di un mito che fino a qualche mese fa pensava di poter ottenere dagli italiani un potere assoluto e comandare quasi in solitudine?
L’interrogativo è troppo impegnativo per dare una risposta immediata. Non dimentichiamo che la Lega prima del Papeete aveva una maggioranza schiacciante rispetto agli altri partiti, nessuno escluso. Lega Nord è morta, ora c’è Salvini: punta al Sud e perde il 30% di tessere. Ora i tempi della gloria sembrano svanire. Per Matteo cominciano i guai. I primi distinguo, le prime critiche, le solite indiscrezioni su chi potrebbe sostituirlo alla guida del Carroccio. "Si affaccia sul balcone delle occasioni perdute", scrive stamane un giornalista di razza come Ezio Mauro, per anni direttore di Repubblica. Forse è proprio così. Quando pensava di non avere più avversari che potessero opporsi alla sua incredibile crescita, il capitano ha dovuto arrendersi alla realtà. Non sono pochi infatti quelli che accettano supinamente il nuovo.
A cominciare dal governatore Luca Zaia. E da un altro esponente di spicco come Giancarlo Giorgetti. "Sembra essere stato infettato dal virus", dicono i più crudeli. Dal tempo della pandemia il buon Matteo pare aver perso lo smalto di un tempo. Anche se le sue scorribande per l’Italia vanno avanti a ritmo serrato. E lui continui a sostenere che "presto tornerà al governo come premier". È rimasta solo una illusione? I fedelissimi sono convinti che non sarà così e la dimostrazione la si avrà già a settembre quando si svolgeranno le elezioni regionali. La Lega tornerà ad essere protagonista perché "con questi dilettanti a Palazzo Chigi e dintorni il Paese sarà sempre fermo al palo". Queste parole sono piene di ottimismo, ma la situazione non è così rosea come la vorrebbero far apparire gli ultras del partito.
Peraltro, i guai non sono soltanto quelli interni dovuti al mugugno di una buona parte dei militanti, ma soprattutto esterni. Primo, c’è da fare i conti con la giustizia: Salvini dovrà difendersi dalle accuse dei magistrati che lo ritengono responsabile di sequestro di persona (scusate se è poco). Secondo dall’assalto degli alleati di destra. Berlusconi è più moderato ed è un europeista convinto, così da ipotizzare di poter dare una mano al governo in caso di necessità. Poi perché c’è chi all’opposizione sta facendo passi da gigante. Parliamo, è ovvio, di Giorgia Meloni. In poco più di anno è passata da uno striminzito 6 per cento all’attuale 16 o 17 per cento. Una marcia trionfale che potrebbe intaccare da vicino il ruolo di leader assoluto della destra.
È questa una delle ragioni per le quali Salvini ha abbandonato l’idea di un partito esclusivamente nordista per cercare di prendere voti anche a Sud. Ci riuscirà? Una incognita che potrebbe essere svelata in autunno quando in sette importanti regioni si andrà al voto. Se la destra non ripeterà i più recenti exploit e dovesse fermarsi o segnare il passo per il leader del vecchio Carroccio comincerebbe una lenta discesa. "Illudetevi", rispondono i fedelissimi.
BRUNO TUCCI