Nei progetti su come spendere (bene) i fondi europei ecco riemergere anche il Ponte sullo Stretto. Richiamato proprio ieri dal Presidente Conte, evocando forse un tunnel sottomarino piuttosto che un ponte vero e proprio. Ma il Ponte sullo stretto è una vicenda emblematica anche per la storia burocratica di quest’opera, molte volte regolata, progettata, avviata, ma mai realizzata. Forse il Ponte è l’esempio per antonomasia di opera pubblica incompiuta in Italia.

Fu progettato per la prima volta dal console Lucio Cecilio Metello nel 251 a.C., come racconta Plinio il vecchio: un ponte fatto di barche e botti di legno per trasportare dalla Sicilia 140 elefanti da guerra catturati ai cartaginesi nella battaglia di Palermo durante la prima guerra punica. Poi ci avevano provato i Borboni e il Regno d’Italia con Ministro dei Lavori Pubblici Jacini che affidò nel 1866 uno studio per progettare il ponte. Ma la neonata Repubblica Italiana decise subito di fare sul serio. Nel 1952 la Associazione dei costruttori italiani in acciaio (ACAI), incaricò l’ingegnere statunitense David B.

Steinman di costruire un ponte simile al Golden Gate di San Francisco, con una campata libera centrale da 1 km e mezzo. Poi nel 1955 la Regione Sicilia avviò un consorzio di grandi imprese (Finsider, Fiat, Italcementi, Pirelli, Italstrade) per fondare il Gruppo Ponte Messina S.p.A. E finalmente intervenne una legge. La n. 384 del 1968 che affidò all’ANAS, alle Ferrovie dello Stato e al Consiglio nazionale delle ricerche, di "effettuare un concorso di idee o di progetti di massima, cui può partecipare qualsiasi ente, organizzazione e privato, anche stranieri, da concludersi entro il 30 marzo 1969, per stabilire se e con quali sistemi possa essere effettuato il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente". Così nel 1969 venne bandito il concorso nazionale a cui parteciparono 143 progetti presentati, di cui 6 furono proclamati vincitori. Si passò alla fase esecutiva. La legge n. 1158 del 1971 avviò la procedura per costituire una società mista pubblico-privata per la progettazione, realizzazione e gestione del collegamento stabile viario e ferroviario. Carte, pratiche, accordi, pareri, nulla-osta.

Ci vollero 10 anni, ma finalmente divenne operativa la Società Stretto di Messina s.p.a. a cui partecipavano finanziariamente l’Italstat, l’IRI, Ferrovie dello Stato, ANAS, Regione Sicilia e Regione Calabria. Così iniziò la progettazione e nel 1984, l’allora Ministro dei trasporti Claudio Signorile, annunciò: «Il ponte si farà entro il 1994». Venne presentato lo studio di fattibilità nel 1986 e l’allora presidente dell’IRI, Romano Prodi, garantì: "entro il 1996 avremo il ponte". Solo nel 1992 si arrivò al progetto preliminare definitivo e ripartì il giro di pareri, studi, valutazioni di fattibilità, con le approvazioni di FS, Anas e Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Si insediò il I Governo Berlusconi, poi il I Governo Prodi. Nuovi impegni a fare il ponte.

Ma i lavori non erano pronti a iniziare. Nel 1999 il Comitato interministeriale programmazione economica (CIPE) prese atto della necessità di procedere ad ulteriori valutazioni sul progetto presentato dalla società̀ "Stretto di Messina" e dispose approfondimenti. Poi nel 2001 l’opera venne rifinanziata per 305 milioni di euro, su un costo complessivo stimato di 4.957,99 Milioni di euro. Finalmente il decreto legislativo n. 190 del 2002, nel quadro delle c.d. Grandi opere, stabilì le procedure di gara e approvazione dei progetti. Con il Governo Berlusconi III vennero acquisiti i pareri di valutazione d’impatto ambientale (VIA) e dell’Unione europea e nel 2005 venne aggiudicata la gara provvisoria per l’esecuzione dei lavori, ad Impregilo ed EuroLink. Con il Governo Prodi II emersero dubbi e perplessità, soprattutto ad opera dei Ministri Bianchi e Di Pietro, e così i lavori vennero sospesi. Ma il Governo Berlusconi IV nel 2008 riprese l’opera. A inizio 2009 venne avviata la progettazione esecutiva, a dicembre 2009 iniziarono i lavori dei primi progetti propedeutici e così a inizio, a inizio 2010 si svolsero diverse presentazioni pubbliche del progetto, con l’impegno a consegnare la progettazione definitiva del ponte al 30 settembre. Tale presentazione slittò e nel frattempo l’ UE annunciò di non iniziare l’opera. Tra mille polemiche politiche, inchieste e scandali, l’opera venne bloccata. Sono passati più di 40 anni dall’avvio del modello progettuale.

Senza avere il ponte. Siamo al Governo Monti, che nel 2012 annuncia di non voler proseguire nei lavori e nel 2013 mette in liquidazione la Società stretto di Messina. Pare che in quelle settimane il Governo Cinese avesse offerto di finanziare direttamente l’opera, a fondo perduto. In cambio dell’uso a lunghissima durata del Porto di Augusta. Inutilmente. Nel frattempo, sono partite le cause per i risarcimenti dei danni e le responsabilità, ancora in corso. A settembre 2016 il presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi ha rilanciato l’idea della costruzione del ponte sullo Stretto di Messina per "togliere la Calabria dall’isolamento e far sì che la Sicilia sia più vicina", con l’idea di poter creare "100.000 posti di lavoro". Ma non se ne è fatto niente. Proprio nelle stesse settimane, la Corte dei conti ha valutato che il Ponte sullo Stretto di Messina ci è costato 960 milioni di euro, pur non essendo mai stato fatto.

Le valutazioni della Corte dei conti sono molto precise e indicano per ogni periodo quanto si è speso. Dal 1981 al 2001 ha speso 74,4 milioni per studi di fattibilità, ricerca e progetto di massima. Nel biennio 2002-2003 91,2 per il progetto preliminare e gli atti di convenzione, tra il 2004 e il 2006 146,9 per la gara di appalto, il piano finanziario, i sistemi informativi e gestionali. La sospensione dei lavori nel 2007-2008 sarebbe costata 160,6 milioni. Nel 2009 sono stati spesi 172,6 e nel triennio 2010- 2013 312,3 per la stesura del progetto definitivo, il monitoraggio ambientale, l’aggiornamento del piano finanziario e la stipula dell’atto aggiuntivo. La messa in liquidazione della società fino al 2015 è costata 2 milioni di euro. Ora, nel 2020 se ne ricomincia a parlare. Sarà la volta buona?

di ALFONSO CELOTTO