Gi italiani tornano ad esprimersi dopo quattro anni, attraverso un referendum, su una proposta di legge costituzionale che intende modificare il numero complessivo dei parlamentari.
Quattro anni fa la riforma, che prevedeva un superamento del "bicameralismo perfetto" con il mantenimento dell’attuale numero di deputati ma con la riduzione ad un terzo degli attuali 315 senatori (i quali sarebbero stati eletti dai consigli regionali), fu clamorosamente bocciata dagli elettori. Le conseguenze furono immediate: il governo guidato da Matteo Renzi cadde, a seguito delle dimissioni prontamente annunciate dallo stesso Presidente, e successivamente si formò un nuovo esecutivo guidato da Paolo Gentiloni. La riforma che a settembre sarà sottoposta al giudizio degli elettori, in Italia e all’estero, è molto più semplice di quella del 2016 e forse proprio per questo potrebbe avere maggiori chance di essere approvata. Agli elettori verrà chiesto se sono d’accordo nel ridurre il numero dei deputati da- gli attuali 630 a 400 e i membri del Senato da 315 a 200. Un "taglio lineare", che questa volta però non viene accompagnato da nessun intervento che modifichi l’impianto di sostanziale parità di funzioni tra le due camere del nostro Parlamento, più volte indicato dai costituzionalisti come uno dei principali fattori di lentezza e farraginosità del processo legislativo italiano. I parlamentari eletti nella Circoscrizione Estero passerebbero dagli attuali 18 a 12, otto alla Camera e quattro al Senato. Un forte ridimensionamento, nonostante il numero degli italiani nel mondo sia praticamente raddoppiato negli ultimi quindi- ci anni; quando, nel 2006, per la prima volta si votò per eleggere i rappresentanti degli italiani all’estero, gli elettori erano circa tre milioni mentre oggi questo numero è praticamente raddoppiato. Un paradosso, se pensiamo che mentre i sei milioni di italiani sparsi in tutti i continenti eleggeranno appena 4 senatori, i cittadini del Trentino Alto-Adige (una regione di poco più di un milione di abitanti) saranno rappresentati da ben sei senatori. "Un vulnus al principio costitituzionale della parità di voto tra cittadini a prescindere dalla loro residenza", come denunciano in un appello pubblico alcune sigle storiche dell’emigrazione italiana nel mondo, tra le quali la FIEI (Federazione Italiana Emigrazione Immigrazione).
La debolezza di questa riforma, quindi, non risiede tanto nella riduzione del numero dei parlamentari ma nell’assenza di un disegno complessivo di riequilibrio delle funzioni tra Camera e Senato e nella mancanza di omogeneità e proporzionalità tra il numero degli eletti e degli elettori, come nel caso degli italiani all’estero. Il messaggio complessivo che viene fuori dalla semplice riduzione del numero dei parlamentari, infine, non è propriamente in linea con il giusto sforzo di cambiare la politica attraverso una migliore qualità dei suoi esponenti; la sola riduzione del numero dei parlamentari, infatti, non comporterà necessariamente un miglioramento della qualità degli eletti in assenza di altri necessari correttivi. Una ultima considerazione va invece fatta sulle particolari condizioni di emergenza che, a causa della pandemia, il Brasile e il resto del Sudamerica e del Nordamerica stanno attraversando; situazione che avrebbe dovuto orientare il governo italiano a spostare in avanti di qualche mese la realizzazione del referendum, così come più volte chiesto dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero. Non aver preso in considerazione questo appello conferma purtroppo la sensazione che ancora una volta siamo di fronte a decisioni che considerano gli italiani nel mondo "meno uguali" degli altri, per non dire "cittadini di serie B". La partecipazione al voto, che anche questa volta sarà importante e decisiva, sarà purtroppo condizionata dagli effetti della pandemia sull’organizzazione del referendum, sulla promozione di adeguate iniziative informative e sulla regolarità di tutte le operazioni di spedizione e riconsegna dei plichi ai consolati. La speranza e l’auspicio è quindi duplice: che nonostante la pandemia in corso anche le nostre collettività all’estero possano fare sentire la loro voce in questo importante momento di democrazia e che lo facciano, come suggerisce un antico proverbio cinese, guardando alla luna e non al dito (ovvero: non limitandosi a esprimere un giudizio sul taglio dei parlamentari ma considerando il complesso della riforma e i suoi effetti sulla nostra rappresentanza).
Fabio Porta