Un passo avanti e un altro indietro. Poi ancora uno in avanti. Luigi Di Maio continua a fare su e giù con i presunti alleati. Luigi Di Maio prima ha esultato quando aveva stretto il patto con il Pd per le regionali della prossima primavera. Dopo ha innestato la retromarcia perché i 5Stelle non possono coalizzarsi con partiti che la pensano come una volta. Oggi, il ministro degli Esteri, vero capo dei Grillini, si pente e cerca in tutti i modi di riavvicinarsi ai Dem in vista delle elezioni amministrative del 2022. "Dobbiamo ridare fiducia ai sindaci. Sui territori da soli non si vince, però basta attacchi alla Raggi e alla Appendino". Insomma, i pentastellati dicano una volta con chiarezza, a che gioco vogliono giocare. Perché in questo modo non si va da nessuna parte e la sinistra va incontro ad una sonora batosta.
La destra o, meglio, il centro destra non sta più nella pelle per i continui mal di pancia degli avversari. Però è giusto ricordare che anche il Pd soffre. Soprattutto quando si parla di referendum. Al solo pronunciare di questa parola o c’è un fuggi, fuggi generale. Oppure l’imbarazzo e i silenzi diventano l’attrattiva principale dei democratici. Si è per il si o per il no? La domanda viene rivolta al vertice del Nazareno che risponde ai vari personaggi importanti delle regioni. "Voi intanto preparate gli spazi elettorali. Per il voto vi faremo sapere". Che dire dinanzi a un simile atteggiamento? Si rimane senza parole anche perché fino a non molto tempo fa il taglio dei parlamentari piaceva a tutti sul fronte della sinistra. Da Violante per finire addirittura a Napolitano.
Una frase però la vogliamo ricordare. È firmata da Walter Veltroni in un editoriale che è apparso ieri sulla prima pagina del Corriere della Sera. Eccola: "Può vivere un Paese in momenti carichi di minacce senza grandi progetti, senza una visione che dia speranza per il futuro?". Questa è l’Italia odierna alla vigilia di un settembre che si preannuncia caldissimo. Polemiche, attacchi, battibecchi che vanno al di là di ogni limite. Mentre i guai aumentano invece di diminuire. L’emergenza Covid non si attenua. Ieri il numero di mille è stato superato in un sol giorno. I casi sono stati 1071 con un allarme per il Lazio che ha superato la Lombardia. Nella regione della Capitale si è registrato un consistente incremento: 215 nuovi contagi.
Come mai? Dipende dal ritorno a Roma delle persone che sono andate in vacanza nelle zone "pericolose"? Oppure la causa è un’altra e la spiegazione la dovranno dare gli scienziati? Interviene a questo punto il ministro della Salute Roberto Speranza che si domanda: che cosa dovevamo fare a giugno o ai primi di luglio? Impedire alla gente di andare in ferie? Assolutamente no. Però gli italiani possono stare tranquilli: non ci sarà un nuovo lockdown". La verità è che gli sbarchi continuano ad aumentare e chi viene nel nostro Paese a volte può essere portatore di malattie. Lampedusa è una bolgia e la redistribuzione non parte. Anzi non è mai partita come dovrebbe. I sindaci del Pd e dei 5Stelle sono in rivolta e se la prendono con il vertice dei loro partiti perché non ci si muove e non si comprende la gravità della situazione.
La Sicilia e anche Roma sono al centro di una polemica aspra non congeniale in un momento come questo. Per il Campidoglio, il Pd non riesce a trovare un candidato degno di questo nome. La Raggi, in cuor suo, esulta perché ritiene che le sue possibilità di rimanere su quella poltrona aumentano. Il premier Conte tace o si esprime a monosillabi per evitare qualsiasi attrito. Non replica nemmeno dinanzi ai forti attacchi della Meloni e di Salvini. C’è chi dice ironicamente che Conte non è un cognome baciato oggigiorno dalla fortuna. Il Presidente del Consiglio deve risolvere una bega al giorno (quando gli dice bene). Il suo omonimo, allenatore dell’Inter, ha perso la finale di Europa League, rischia il posto e deve dire addio ai 30 milioni che la sua squadra avrebbe intascato se avesse battuto il Siviglia. Ne volete di più?