Anche i matrimoni più felici finiscono. Magari quando nessuno se lo aspetta. Nelle case reali come in quelle dei tranquilli borghesi. Avviene anche nel calcio che un giocatore diventato un mito e osannato nella città in cui vive ad un tratto non ha più quel feeling che faceva impazzire i tifosi. Che mai e poi mai avrebbero creduto ad una sua partenza. Fuor di metafora, il caso è quello di Leo Messi, considerato quasi un monarca assoluto a Barcellona. All’improvviso, dopo una sonora sconfitta subìta in Champions decide di chiudere alla ricerca di nuovi lidi. La bomba sportiva (perché di bomba si tratta) è scoppiata una manciata di ore fa quando il buon Leo ha annunciato e detto a chiare lettere che il suo rapporto con il Barca era definitivamente tramontato.
È cominciata così la caccia allo scoop, cioè alla notizia che per primi si poteva lanciare su dove Messi avrebbe potuto trasferirsi. Si, insomma, quale squadra scegliere per il suo futuro. Secondo i giornalisti più informati, le società che hanno messo gli occhi sul campione sono tre: il Manchester City, guidato da un altro asso della panchina, Josep Guardiola; il Paris Saint Germain e infine, terza candidata in ordine di preferenze l’Inter "cinese" di un riappacificato Conte. In molti scommettono sulle prime due, ma non tengono in giusta considerazione due particolari importanti.
Il primo. Messi ha comprato casa a Milano nella stessa strada in cui ha il domicilio la società nerazzurra. Il secondo: il papà di Leo ha aperto una partita Iva anche in Italia. Che vuol dire? Significa che tutte le strade conducono a Milano? È troppo presto per dirlo. Sono in gioco milioni, non bruscolini. Allora prima di fare il passo più lungo della gamba si pensa, si pondera, si valutano i pro e i contro. In vetrina, comunque, il caso Messi continua a essere sulle prime pagine di tutti i giornali sportivi. E non perché, come ribadiamo, si tratta di un divorzio inaspettato. Non è il primo, non sarà l’ultimo.
Tanto per citare un caso recente, ricorderemo quello di Francesco Totti con la Roma. Il Pupone, considerato nella Capitale un intoccabile tanto da essere considerato l’ottavo re di Roma, all’improvviso, ha dovuto alzare le braccia. Non perché il suo innamoramento fosse finito. Ma per un motivo assai più semplice e banale. Un’antipatia non solo tecnica, ma totale, tra il giocatore e Luciano Spalletti, il mister (a quel tempo) della squadra giallorossa. Una lenta separazione che ha messo a dura prova il numero dieci della Roma. Prima relegandolo in panchina ad attendere un rimpiazzo a partita quasi finita. Poi spedendolo direttamente in tribuna tra lo sbigottimento dei tifosi e la rabbia di quanti lo ritenevano un campione in assoluto.
Gli esempi a tal proposito potrebbero essere tanti. Rammentiamo su tutti quello di Andrea Pirlo, ex giocatore del Milan, svenduto quasi alla Juventus dove trascorse una seconda giovinezza. Ora è diventato un coach e la società bianconera lo ha promosso nel giro di pochi giorni. Da allenatore della quadra giovanile alla guida della compagine per nove volte consecutive campione d’Italia. Un salto di qualità inaspettato per cui questo per Pirlo sarà un anno importantissimo. Naturalmente spera che il divorzio (futuro) non abbia la stessa celerità del matrimonio. Ma nel calcio tutto è possibile. Quando in uno sport girano tanti miliardi ogni rivoluzione è probabile e non deve meravigliare nessuno.