Avevano promesso: tra fine agosto e primi di settembre riapriremo. Fine agosto è prossimo, settembre entrerà fra giorni. Mantenuta la promessa, i locali storici riaprono. Ieri il Gilli a Firenze, Harry’s Bar oggi a Venezia, poi il Biffi e il Galleria a Milano. Provvisti del requisito essenziale, settant’anni di attività, i locali storici provano a ripartire. Li aveva chiusi in blocco il coronavirus. Momentaneamente cancellati dal lockdown, rialzano le saracinesche, sperando che il turismo sbatta il suo sorriso nazionale e internazionale sulle loro facce. Riparte la storia di tre grandi bar, ed è come un nuovo inizio davvero. Marco Valenza di Gilli, Giuseppe Cipriani di Harry’s Bar e Tarcisio De Bacco di Biffi confidano nella buona stella. Sotto forma di ottimismo e quattrini. Locali storici d’Italia ritengono che "non si possa tenere chiuso in eterno, siamo aperti da ottantanove anni senza interruzioni, a parte quella della guerra", osserva Arrigo Cipriani, ottantotto anni. Il locale di suo padre Giuseppe fu requisito dalle truppe fasciste, ridotto a mensa della marina repubblichina, e rimase chiuso un anno. "Ma nella primavera del Quarantacinque ripartimmo. L’epidemia è stata peggio della guerra". Harry’s Bar, Gilli e Biffi fanno parte dell’Associazione locali storici d’Italia, nata nel 1963, costituita ufficialmente dal giornalista Enrico Guagnini e da Angelo Pozzi, l’allora titolare del ristorante Savini in Galleria, a Milano. I magnifici 220. Gilli nasce a Firenze, in via Calaziuoli, come "Bottega dei pani dolci". Primo caffè degli intellettuali, ebbe ai suoi tavoli Giosuè Carducci e Prezzolini. È il bar più antico di Firenze. "Siamo in una location di prim’ordine, in piazza della Repubblica, ma quali costi abbiamo? Non godiamo di agevolazioni, non c’è una legge che tuteli i caffè storici. Riapriamo perché finalmente cominciamo a vedere segnali positivi, abbiamo il dovere di esserci". Ma il titolare non nasconde preoccupazione e incertezza, che sono di varia natura. Innanzitutto in considerazione dell’atteggiamento silente del Governo. "Ab Gilli, Firenze Harry's Bar, Venezia biamo avuto un calo del settantotto per cento, oggi si siamo al quarantacinque. Cominciamo a vedere dei turisti, italiani ma anche dal Nord Europa. Si fatica, avremmo bisogno di aiuti. Intanto, di sgravi fiscali. Sentiamo la responsabilità di tenere aperto un angolo importante di Firenze. Ma i centri storici sono quelli che hanno subito i colpi più pesanti dalla pandemia. Vedo invece che in Versilia hanno aumentato addirittura il fatturato, beati loro". Il grido di dolore è presto sintetizzabile: il governo aiuti i locali storici che riaprono ad ammortizzare le perdite. A Milano il Biffi aveva tra i suoi clienti Ernest Heningway e l’asta aristocrazia lombarda lo aveva eletto a salotto. "Facevamo numeri tali che il valore immobiliare dei nostri locali si è alzato a livelli inverosimili e insostenibili", lamenta Pier Galli, gestore del Galleria, in Galleria. "Oggi è molto molto dura, tra canoni di affitto e costo del lavoro. Noi lavoravamo con fiere e congressi, fino a quattrocento coperti al giorno. Poi il Covid-19 ha fatto chiudere tutto. Anche la Scala. Siamo crollati a trenta coperti e abbiamo chiuso". Locali storici aperti 364 giorni su 365, poi la pioggia di tegole. "Riapriamo", annuncia Cipriani di Harry’s Bar Venezia. "Ma dove sono il tedesco e l’americano, dove sono coreani, giapponesi, arabi? Si godevano l’aperitivo da noi o il pranzo circondati dalle grandi firme della moda". All’Harry’s Bar, data di nascita 1931, avevano i loro incontri re, regine, intellettuali, pittori. Gary Cooper, Truman Capote, Orson Welles, Barbara Hutton, e molte tante altre e altri. Una processione infinita, interrotta dal coronavirus. Ma ora, alla riapertura, come butta a Venezia, Firenze, Milano, per i locali storici d’Italia? "Niente sarà come prima", ammonisce il vecchio leggendario Cipriani. "La mia famiglia gestisce il locale da quarant’anni, mai ci saremmo aspettati nella vita una botta che ha ci ha tramortiti. Ma chiusi per sempre no, non si può". Il suo Harrys’ Bar è un monumento nazionale. "Siamo i testimoni del ventesimo secolo a Venezia. Perciò riapriamo, e pure con qualche giorno d’anticipo sulla data che avevamo programmato". Cipriani parimenti non si sottrae alla necessità di puntare strali polemici in direzione "di tutto l’apparato e ci metto dentro anche i mezzi d’informazione: stanno portando avanti la paura. Perché? Io non lo so, so soltanto che si usa questo Covid per altri motivi, non chiari. Ma così, se si continua con questa inseminazione della paura tra la gente, l’economia non ripartirà mai". Ben detto, Cipriani mi trova solidale, sono con lui. Ma li avete più sentiti i politici su nuovi contagi e quant’altro? Zitti e muti, parlano, urlano, litigano solo sulle imminenti elezioni regionali. Come da loro antica regola, solo all’esito delle elezioni sono interessati, distributori di poltrone e di potere. Maniche comunque rimboccate da oggi all’Harry’s Bar della famiglia Cipriani. "Si ricomincia, non ci saranno gli americani, ci saranno italiani e veneziani. Resta aperta solo la sala al pianterreno; riserveremo quella superiore alle cene importanti. Abbiamo rimontato le porte del saloon. Il tavolino di Hemingway è rimasto al solito posto, in fondo a sinistra". Ma tutt’intorno, solo preoccupazioni, dubbi, incertezze, e l’ombra che Harry’s Bar Venezia e i suoi storici antichi fratelli fiorentini e milanesi possano chiudere di nuovo. Al buon intenditore non servono altre parole.
FRANCO ESPOSITO