DALLA REDAZIONE CENTRALE
Attenzione: manca poco ormai al fatidico appuntamento del 20 e 21 settembre prossimi, quando saremo chiamati alle urne per votare "sì" o "no" al referendum confermativo sul taglio delle poltrone dei parlamentari.
Un giornale, in generale, dovrebbe rimanere asettico, limitandosi a raccontare le notizie per quelle che sono. Descrivendo, cioè, i fatti così come si sono verificati, cristallizzandoli in articoli oggettivi e senza, dunque, prendere posizione. A maggior ragione se c'è di mezzo una consultazione elettorale. Così almeno recitano le regole "non scritte" delle scuole di giornalismo. E così abbiamo sempre fatto. Ma ora no. Consentitecelo: per questa volta, almeno, "Gente d'Italia" farà un'eccezione. E una posizione, sul referendum, la prenderà. Sissignore, ci schieriamo. Dopo aver pubblicato per giorni e giorni le ragioni del Si e del No, bando alle ciance, oggi ve lo diciamo chiaro e forte: bisogna votare "No", e senza indugi.
Ci sono tante buone ragioni per farlo. Qui in Sud-America, per esempio, con il ridimensionamento del numero degli "Onorevoli", si rischia di non aver più nessun rapporto diretto con le istituzioni nazionali. Di non avere cioè più alcun nostro rappresentante nell'emiciclo di Montecitorio o nell'Aula di Palazzo Madama.
Già adesso la situazione non è per nulla facile, figurarsi poi con il pluriacclamato taglio delle poltrone....(Un deputato eletto in Italia rappresenterebbe circa 150 mila abitanti, all’estero 700 mila iscritti Aire, un Senatore eletto in Italia 300 mila abitanti, all’estero 1.400.000 mila iscritti Aire.... una pazzia...).
E ancora: bisogna nutrire un ottimismo che sfocia nell’ingenuità per ritenere - alla luce della totale inaffidabilità sul tema di una maggioranza risicata al Senato, del voto segreto previsto alla Camera e della contrarietà delle opposizioni - che dopo il referendum la vittoria del Sì determini le condizioni per l’approvazione di una legge proporzionale con uno sbar- ramento significativo.
Gli altri correttivi di natura costituzionale non sono stati approvati al momento neppure in un ramo del Parlamento e necessitano di un iter di 4 letture.
È peraltro dubbio che essi possano risolvere del tutto gli enormi problemi di rappresentanza che si determinerebbero al Senato, dove in molte Regioni la soglia di sbarramento implicita sarebbe superiore al 15%.
Il primo No è quindi rivolto a un taglio al buio, senza nessuna concreta garanzia dei correttivi necessari.
Salvini e Meloni sostengono il Sì per arrivare al presidenzialismo e a un federalismo spinto, mentre il Pd ha resuscitato il bicameralismo differenziato come completamento del taglio dei parlamentari, come se il 4 dicembre 2016 non fosse successo niente.
E poi, altro che "efficientamento" del sistema, altro che risparmio: se dovesse vincere il "si", per la comunità italiana che vive in Uruguay (ma in generale per tutti i nostri connazionali che vivono o lavorano in America Latina), composta da più di 130mila per-sone, si profila un ceffone di quelli tosti. Perché non avrebbero più chi può rappresentarli a Roma. (E qui i capi della nostra collettività dovrebbero fare anche il mea culpa perchè è soltanto colpa loro, delle loro continue e inutili litigiosità se con 130mila anime non si è mai riuscito fino ad oggi ad eleggere un rappresentante dell'Uruguay da mandare in Parlamento) Ma non finisce qui.
C'è infatti anche il serio rischio che, con le poltrone, finiscano per essere tagliati pure i fondi alla cultura, alla rappresentazione dell'italianità all'estero ed alle varie associazioni che si spendono per il bene della comunità tricolore. Insomma: la sensazione è che, più che per un Parlamento più snello e meno spendaccione, il referendum sia stato pensato per dare una "sforbiciata" all'ultimo legame che ancora tiene avvinti gli italiani che vivono oltrepatria, alla loro casa lontana.
Ebbene sì: qualora non fosse passato il concetto, votare "sì" sarebbe il prologo della cancellazione del voto per gli italiani all'estero.
E allora, fuor di metafora: perché assecondare il capriccio in salsa populista di Luigi Di Maio e dei suoi allegri compagni della brigata grillina (seguiti a ruota da un sempre più prono Zingaretti), per una banale questione di poltrone e potere? Perché dargliela vinta e condannare all'oblio intere generazioni di italiani che la sorte e la vita hanno portato lontano dal suolo patrio?
Cari Lettori, detto papale papale: questo referendum intacca la Costituzione.
La viola apertamente.
Ridurre la rappresentanza senza riformarla, senza far funzionare i luoghi della rappresentanza, senza migliorarla e allargarla con altre modalità (rafforzando le forme di democrazia partecipata e gli istituti costituzionali di democrazia diretta) è un atto autolesionista e sostanzialmente antidemocratico. È una riforma che prosciugherà ancora di più la democrazia a favore della tecnocrazia dell’esecutivo, delle segreterie dei partiti, dei poteri forti. I cittadini avranno non più, ma meno voce.
Vi invitiamo pertanto, se avete ancora a cuore le sorti del "trico- lore", a votare per il "no", convintamente.
Ne va della nostra sopravvivenza. Quella degli italiani all'estero..