Ha cercato tutta la via le sue origini italiane senza mai venirne a capo. Sapeva che i propri antenati avevano attraversato le Alpi per passare dal Piemonte alla Provenza, ma non individuò il luogo esatto che pure avrebbe voluto conoscere. Un destino che accomuna tanti figli e nipoti di emigranti. Jean Giono (1895 – 1970) è nato a Manosque, poco a nord di Aix-en-Provence, nella bella Provenza francese. Il padre era calzolaio e la madre stiratrice. Sostanzialmente un autodidatta, fu impiegato di banca, coltivò fin da giovane la passione letteraria, grazie alle letture di Omero e di Virgilio. Partecipò alla Prima guerra mondiale. La sua esperienza al fronte lo segnò per tutta la vita e l'indirizzò verso un ideale pacifista anche se fu ingiustamente accusato di collaborazionismo alla fine del secondo conflitto passando cinque mesi in carcere.
In Francia il cinquantesimo anniversario della scomparsa viene ricordato con mostre, conferenze ed eventi editoriali: Gallimard offre una versione a fumetti di "Le chant du monde", disegnata da Jacques Ferrandez, ripropone la premiata biografia di Emmanuelle Lambert dal titolo "Giono, furioso" e ristampa "L’ussaro sul tetto" con una copertina natalizia. Giono è passato alla storia della letteratura per averci descritto una Provenza aspra e selvatica, lontana dalle cartoline pettinate di lavanda. Il suo maggior successo fu, appunto, "L’ussaro sul tetto" che ebbe anche una fortunata versione cinematografica nel 1995 per la regia di Jean-Paul Rappeneau e l’interpretazione di Olivier Martinez e Juliette Binoche.
Non a caso una storia che riguarda i carbonari italiani che si erano rifugiati in Provenza, devastata da un'epidemia di colera. Agenti austriaci uccidono uno di loro e la moglie fa in tempo ad avvertire il loro amico, Angelo Pardi, perché fugga. Angelo si mette in contatto con Paolo Maggionari, amico d'infanzia e carbonaro, ma questi è ormai un traditore e cerca di ucciderlo, ma Angelo riesce a rimanere in vita. Un amore così forte per la terra d’origine non poteva che trovare un buon fine. La figlia dello scrittore, Sylvie, infatti, ha scovato i suoi antenati in Valchiusella, nel Canavese, in provincia di Torino. Sylvie è stata accolta negli anni Novanta tra le montagne dei suoi avi durante una manifestazione dedicata al suo famoso genitore.
Il cognome Giono è documentato a Inverso fin dal 1601 ma è ragionevolmente da credere che fosse già presente nel secolo precedente. È a Meugliano che l’8 ottobre 1763 nacque Giovanni Domenico Giono, bisnonno di Jean, da Antonio e Catterina Barro Raffel. Il bisnonno del romanziere esercitò il mestiere di fonditore e si sposò in prime nozze con Maddalena Saudino e dopo la prematura morte di quest’ultima, in seconde nozze con Maria Francesca Catterina Bertarione, figlia di un facoltoso notaio di Vico. Tale matrimonio venne celebrato nella Cattedrale di Ivrea. Dalla loro unione, il 27 ottobre 1795 nacque Pietro Antonio, nonno di Jean, il quale fu tenuto a battesimo dall’avvocato Antonio Gattino, magnate industriale e senatore del Regno di Sardegna e dalla Contessa di San Martino di Castellamonte.
Dopo la morte della madre e il terzo matrimonio del padre, Pietro Antonio crebbe tra Meugliano e Vico a contatto con cugini materni, i quali furono tra i rivoluzionari dei moti insurrezionali del marzo del 1821. Da lì la probabile fuga di Pietro Antonio Giono verso la vicina Francia. Lo scrittore non conobbe il nonno ma ne sentì parlare dal padre. Da lì i tanti racconti ispirati a personaggi rivoluzionari, avventurieri, rivoltosi e impavidi, il più famoso dei quali è Angelo Pardi, protagonista de "L’ussaro sul tetto", capolavoro della narrativa francese. Pietro Antonio in Francia divenne minatore, poi costruttore di ferrovie e di dighe. Nel suo ultimo impiego, lavorò a stretto contatto con l’ingegner Zolà, padre del famoso scrittore Emile Zolà.
Jean Giono invece esordì come poeta con la raccolta "Accompagné de la flûte" del 1924, prima di passare al romanzo con opere come "Colline" (1929) e "Regain" (1930), incentrati sulla natura e l’individualismo. Influenzato da Stendhal nella tecnica narrativa e ammiratore delle idee di Jean-Jacques Rousseau, concretizzò il suo ideale di primitivismo ritirandosi sull'altipiano del Contadour o in sperduti siti campagnoli della Provenza, da cui non si staccò mai, aborrendo il mondo letterario parigino. Scrisse una trentina di romanzi, per i quali trasse ispirazione dalla Grecia antica e con cui dipinse la condizione dell’uomo nel mondo, trattando le questioni morali e metafisiche di portata universale.
Giono fu anche autore di saggi, tra i quali "Vraies richesses" (1936) e "Vivre libre" (1939), critici con le dittature e i nazionalismi. Di lui si ricorda anche qualche opera teatrale, come "Le bout de la route" del 1941. Tradusse in francese per la prestigiosa edizione della Pléiade le opere principali di Niccolò Machiavelli per le quali scrisse anche una corposa e ricca Introduzione. Cedette i diritti di alcuni romanzi al regista Marcel Pagnol ma non ne fu contento. Quindi decise a sceneggiare in proprio e parve andare meglio. Parlando del film "L’eau vive" il celebre François Truffaut disse che "Giono è lo scrittore che potrebbe dare di più al cinema".
Fece anche il regista con la pellicola "Crésus", protagonista Fernandel, ma andò male. Pensava lui stesso di traferire in pellicola "L’ussaro sul tetto" immaginando come attore principale Marlon Brando o Gérard Philipe, che lo aveva interpretato alla radio, ma come si sa l’omaggio del cinema al suo capolavoro avvenne dopo l’improvvisa scomparsa per problemi cardiaci.
Marco Ferrari