Gente d'Italia

Trump interrotto dalle tv Usa perché diceva una palese e documentata bugia: e in Italia? Mai…

Trump diceva, stava dicendo in tv che le schede elettorali che si stavano scrutinando erano state votate ed erano arrivate dopo il 3 di novembre. Falso, notoriamente falso: le schede allo scrutinio sono state tutte votate prima del 3 di novembre. Interrotto mentre diceva una bugia. Interrotto da chi? Dal giornalista.

Qui da noi il conduttore del Tg1, del Tg5 o anche Enrico Mentana dal suo Tg7 interromperebbe mai non diciamo il capo dell’Esecutivo ma anche un semplice ministro o, dio non voglia, un leader o segretario di partito o un presidente di Regione o anche un parlamentare qualsiasi con l’argomento e con la ragione delle bugie pericolose che si stanno pronunciando e diffondendo?

Qui da noi non si interrompe mai nessuno con questo argomento. Magari si interrompe per lodare, o anche per litigare. Ma in nome del dovere civile, in nome del dovere professionale di non contribuire alla diffusione della menzogna qui da noi non si interrompe. Non si interrompe neanche la Cunial quando dà una mano alla pandemia gridando alla dittatura sanitaria e alla mascherina come inutile museruola.

Impedire la diffusione di conclamate e acclarate menzogne come dovere professionale del giornalista? Qui da noi questo dovere non lo insegna nessuno e non è contemplato nel mansionario di nessun giornalista, neanche quelli bravi e intellettualmente onesti. Qui da noi non si interrompe, casomai si raccoglie.

Il mansionario del giornalista qui da noi prevede e impone di raccogliere la “dichiarazione”. Fatto questo, fatto tutto. Basta al direttore, basta alla testata, basta all’azienda. Raccolta la dichiarazione (di un Capo di Stato o di un Vigile Urbano fa lo stesso), pagnotta guadagnata e compito assolto. Altri colleghi magari ricameranno “retroscena” (sempre dichiarazioni raccolte ma stavolta servite anonime). Altri colleghi magari commenteranno pensosi o adirati io indignati o critici. Ma il giornalista, qui da noi, di fronte alle parole dell’interlocutore le manda in onda, in rete, in stampa. Punto. Qualunque siano quelle parole.

Descrivendo il tutto un po’ grottescamente, ma solo un po’, qui da noi il giornalista che vede con i suoi occhi il fronte nero di nuvole della tempesta in arrivo intervista il meteorologo per fargli dire che pioverà, da solo non si azzarda. Non gli compete, così ritiene, riferire ciò che vede o sa o constata. Gli compete riportare il meteorologo. E se questi dovesse dire che pioveranno rane e cavallette e sangue perché fuori di testa…il giornalista riporta impassibile.

Non gli compete al giornalista impedire la diffusione di acclarate bugie, qui da noi è così. Non gli compete e , diciamo, non se lo fa competere perché infinito è l’esercito dei permalosi. Non c’è consigliere comunale o consigliere d’amministrazione o rappresentante di categoria quale essa sia che, se a contatto con giornalista impatta in minima funzione che non sia quella di essere “riportato” non gridi alla violenza, allo scandalo, alla parzialità dei mass-media. Lo fanno ormai tutti, anche i delinquenti in cronaca. Figurarsi i potenti davvero. Che sono pochi. Ma infinito è l’esercito di coloro che vogliono essere trattati da potenti.

Qui da noi se interrompi uno che dice acclarate bugie in nome del tuo dovere professionale di non  diffondere falsità, allora vai incontro a fastidi, grane, mugugni, finte solidarietà e sostanziali dissociazioni. Si va dal “chi te lo fa fare” al “si è montato la testa”, passando per il “chi si crede di essere”.

Qui da noi non si interrompe nessuno che mente con l’alibi un po’ sconcio del rispetto delle opinioni e dell’imparzialità. No, se uno dice che stanno truccando le schede elettorali, che lì c’è scritto 4 o 5 novembre mentre c’è scritto 3 novembre, questa non è una opinione. E’ una falsità che cerca la complicità della stampa e della tv e della radio e del web per essere diffusa. La menzogna non è un’opinione in par condicio con la realtà. Essere, proclamarsi imparziali tra la bugia evidente e la realtà acclarata non è imparzialità, è complicità con la menzogna.

Ma qui da noi non si interrompe nessuno (se non per litigare e fare show) neanche consapevole e autocosciente complicità. Qui da noi non si interrompe nessuno, meno che mai un’autorità, quando mente per sudditanza per così dire “ad insaputa” anche di chi la pratica la sudditanza. Sudditanza non da complicità e svendita del ruolo o corruzione della professione. Sudditanza invece spontanea e da mansionario, sudditanza da “tengo famiglia” ma soprattutto da ignoranza e pigrizia. Ignoranza di ciò di cui si parla (fieramente rivendicata come diritto da larga parte del giornalismo). Pigrizia civile, civica e intellettuale. Sudditanza da miseria e viltà, professionali s’intende. Che però abbiamo ribattezzato e mandiamo in giro come obiettività e imparzialità.

Tare ataviche, congenite, spirito italico il mi piego ma non mi spezzo applicato al giornalismo? No, avere le competenze, avere il dovere di possedere e procurarsi le competenze per individuare la menzogna e avere il dovere civico e professionale di non esserne complice e diffusore lo insegnavano anche in Italia. Non lo insegnano più.

di Lucio Fero

 

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