Scuola, riaprirà? Le ipotesi si accavallano, il Tar ci mette lo zampino. E mentre in Campania la campanella torna a suonare, in Calabria le porte degli istituti si richiudono inesorabilmente. Il ministro Lucia Azzolina, come è naturale, sta dalla parte di chi vuole ricominciare con le lezioni in presenza. Sconfitta di certo dall'ultimo decreto del presidente del Consiglio, non vede l'ora di potersi vendicare. Così, tuona contro i "negazionisti" che mostrano il pericolo di un ritorno all'antico.
In questa situazione che traballa come la sua poltrona di Palazzo Chigi, il premier che cosa fa? Si barcamena, cerca di mediare e vuole accontentare gli uni e gli altri. In quale modo? Riportiamo alunni e studenti in classe i primi di dicembre. Per poi rimandarli a casa alla vigilia di Natale approfittando delle lunghe feste che si concluderanno con la Befana. Che tipo di manovra è mai questa? La lunga vacanza non è mai stata interrotta, quindi qual è la novità? I fautori della chiusura non sono d'accordo con Giuseppe Conte, dicono che in questo modo non si risolve nulla, anzi i rischi si moltiplicano e torniamo a ripetere gli errori dell'estate scorsa.
Insomma, il Natale è diventato il vero tormento del presente. Il problema sembra aver preso il sopravvento pure sul virus che continua a imperversare nel nostro Paese. Basta leggere le cifre dei morti. Tanto che il ministro Francesco Boccia si irrita ed entra di prepotenza nella polemica. Dice: "È fuori luogo parlare di chiusure e riaperture quando i decessi viaggiano di continuo fino a oltrepassare la soglia dei 600".
Comunque, prende sempre più quota l'ipotesi di una breve ripresa delle scuole per poi interromperle di nuovo. Ci si rende conto delle conseguenze che potrebbero derivare (ripetendo quanto è avvenuto questa estate), ma in gioco ci sono pure le proteste dei titolari dei servizi pubblici, i quali prima di Natale riuscirebbero ad aggiustare il loro fatturato pesantemente ridimensionato dal Covid.
Il tormentone della scuola non è il solo ad accendere il dibattito. Ora, si discute e ci si divide pure sulla neve. L'interrogativo è il seguente. Potranno riaprire gli impianti sciistici per le feste? Gli operatori del settore spingono sull'acceleratore. Perché nel caso in cui si propendesse per il no andrebbero incontro a una crisi irreversibile.
Dunque, il refrain è sempre lo stesso. Conciliare la salute di milioni di italiani a fronte di una drammatica situazione economica di molti settori. C'è chi avanza una tesi: "Sarebbe auspicabile una regola comune per l'Europa".
Ottima idea, ma si può pensare ad un simile patto quando non ci si mette d'accordo nemmeno sui miliardi che dovrebbero piovere su diversi Paesi della UE?
Il Recovery Fund è infatti in ritardo, ma il premier tranquillizza tutti: "No, presenteremo presto il nostro progetto. A febbraio saremo pronti senza nessun ostacolo". Parole che rinfrancano lo spirito, ma riuscirà il presidente del Consiglio a mantenere questa promessa? Non mettiamo in dubbio le sue parole, ma ricordiamo che anche nella maggioranza non si trova un denominatore comune.
Eppure quella somma servirebbe all'Italia come il pane visto il drammatico momento che assilla la nostra economia. Speriamo che le forze politiche lo comprendano riuscendo a districare il bandolo della matassa.
Bruno Tucci