Il no è sempre stato un sì. Solo che dovevano maturare le condizioni politiche per dichiararlo. E oggi, a distanza di un anno dalla prima polemica sulla riforma del Mes innescata dalla Lega e sostenuta anche dal M5s, pare proprio che siano maturate quelle condizioni politiche che consentono al governo Pd-M5s di comunicare, anzi confermare, il sostegno alla riforma del Salva Stati. Nel pomeriggio è compito del ministro Roberto Gualtieri dare l'ok in Eurogruppo.
La storia è un perfetto esempio della casistica 'prendere tempo', dando in pasto alla stampa e dunque all'opinione pubblica una versione non proprio aderente alla realtà.
L'anno scorso in Eurogruppo il ministro dell'Economia Gualtieri è riuscito a ottenere delle modifiche tecniche alla riforma finita nel mirino di Salvini. Sono quelle modifiche che oggi gli consentono di dire davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato che il nuovo Mes "non aumenta le probabilità di ristrutturazione del debito", "né è richiesta una ristrutturazione preventiva per l'accesso al Mes".
Allora, queste modifiche non sortirono effetti sul recalcitrante M5s. Oggi invece magicamente risultano convincenti anche per i pentastellati, pronti a sostenere la riforma a condizione che il governo non ricorra ai prestiti del Mes per la pandemia. "Due cose distinte", media Gualtieri. Un anno fa invece, pur alla luce delle revisioni negoziate dal ministro, il premier Giuseppe Conte continuava a condizionare il sì italiano alla cosiddetta 'logica a pacchetto'. Della serie: Roma dirà sì alla riforma del Mes quando saranno negoziati anche gli altri due capitoli del rafforzamento dell'Unione bancaria, soprattutto la garanzia sui depositi (Edis), bloccata sui 'veti' tedeschi.
Oggi il pacchetto ancora non è pronto, sull'Edis c'è "ancora da lavorare" confermano a Bruxelles. Ma intanto si dà l'ok alla riforma del Mes con un sì da parte italiana che non è mai stato oggetto di dubbio tra i partner europei: doveva solo maturare. Non a caso, dall'anno scorso, non è arrivato alcun ultimatum europeo all'indirizzo di Roma sulla riforma del Mes. Toni sempre morbidi, pazienti e comprensivi in attesa del sì finale sul quale nessun paese ha mai nutrito sospetti, come confermano autorevoli fonti europee alla vigilia dell'Eurogruppo di oggi.
Magari la pandemia ha avuto una parte a far 'lievitare' il sì italiano: la crisi da covid rende più urgente la riforma del Salva Stati perché con essa dovrebbe entrare in vigore il cosiddetto 'backstop', fondo di garanzia per le banche in crisi a partire da gennaio 2022.
Ma anche questa è una storia che si racconta: fin dall'anno scorso, dopo che la tensione con l'Italia ha convinto i partner europei a lasciar decantare la questione, l'orizzonte temporale per l'approvazione è stato sempre la fine del 2020, con le ratifiche nei Parlamenti nazionali nel corso del 2021. Nessuna novità su questo, insomma. La firma ufficiale da parte degli Stati potrebbe avvenire il 27 gennaio, prevede oggi Gualtieri.
Resta la trattativa con i frugali che, a proposito del fondo per le banche in crisi, vorrebbero inserire criteri più severi negli stress test. "Ci impegneremo perché le decisioni sulla riforma del Mes e sul backstop, siano prese oggi e perché i due processi di firma e successiva ratifica del trattato Mes e dell'emendamento di riforma del backstop siano avviati insieme", dice Gualtieri.
Ma intanto, a un anno di distanza, l'Italia aiuta l'Ue a chiudere quest'altro capitolo di discussioni politiche che non ha scalfito l'impianto principale deciso un anno fa, in epoca pre-pandemica. In soldoni, con la riforma, il Salva Stati potrà essere usato anche per salvare le banche.
Sicuri che verrà usato? O prevarrà lo 'stigma politico' che oggi mantiene ben 27 Stati europei a distanza di sicurezza dal Mes e induce l'Istituto Delors di Parigi a suggerire una "re-invenzione" totale del Meccanismo europeo di stabilità, visto che nessuno lo usa più per paura di fare la figura del paese sull'orlo di un default?
Angela Mauro