Con le date ufficiali per il via libera dell'ente regolatorio, la corsa al vaccino contro il Covid entra nel vivo. L'Agenzia europea dei medicinali (Ema) ha fornito i termini entro i quali comunicherà gli esiti delle sue verifiche sui dati forniti dalle aziende farmaceutiche impegnate in prima linea nella sperimentazione e produzione del farmaco contro il coronavirus. Il vaccino targato Pfizer-BioNTech, quello più difficile da gestire logisticamente a causa di una catena del freddo da -70°, sembra essere un passo avanti agli altri nell'iter di approvazione: l'Ema dovrebbe fornire il suo via libera entro il 29 dicembre, prima ma non dopo.
A seguire quello della casa statunitense Moderna, sul quale l'Ema si esprimerà non dopo il 12 gennaio. Più indietro invece quello AstraZeneca, l'azienda che sta producendo il suo vaccino in collaborazione con l'Università di Oxford e l'Irbm di Pomezia: nei prossimi 7 giorni consegnerà agli enti regolatori tutta la documentazione necessaria per avviare l'ultima fase di approvazione. La data è quindi rinviata al primo trimestre del 2021. Le scadenze fornite dall'Ema lasciano intuire che difficilmente il primo stock di dosi per l'Ue arriverà entro quest'anno.
Entrambi i pareri su Pfizer e Moderna arriveranno se "i dati presentati saranno sufficientemente solidi e completi per dimostrare la qualità, la sicurezza e l'efficacia del vaccino". L'agenzia regolatoria, che svolge una verifica continua dei dati forniti dalle aziende del pharma, li approverà - nel caso - grazie a una CMA, cioè a una autorizzazione alla commercializzazione condizionata. Si tratta di una procedura speciale che consente l'approvazione di un farmaco anche in casi come questo dove i dati sono incompleti rispetto a quelli normalmente richiesti per dare luce verde a un medicinale. Ma è chiaro che la pandemia impone dei tempi molto più ristretti. Ciò non toglie che "il vantaggio per la salute pubblica derivanti dalla disponibilità immediata del farmaco sul mercato" "devono superare "i rischi dovuti alla necessità di ulteriori dati". Il monitoraggio sui vaccini continuerà successivamente alla commercializzazione (la farmacovigilanza).
La deadline dell'Ema passa il pallino nelle mani di Bruxelles. Da lì dovrà arrivare l'ultima firma prima di lanciare sul mercato i farmaci tanto attesi. Anche alla Commissione non sarà concesso di tergiversare. Una volta che l'agenzia con sede ad Amsterdam darà l'ok, allora "sarà probabilmente questione di giorni" per avere l'autorizzazione alla commercializzazione dalla Commissione, ha fatto sapere un portavoce. Questa seconda fase comporta un voto in comitato, consultando gli Stati membri, che però dovrebbe arrivare rapidamente, visto l'interesse di tutti i Paesi ad avere il vaccino presto. Una volta che avranno ottenuto questa autorizzazione, "gli Stati potranno ordinare le dosi dai produttori di vaccini".
In altre parole, se tutto va secondo i piani, il primo vaccino (Pfizer) potrebbe essere commercializzato al più tardi a partire dal 1° gennaio 2021. La tabella di marcia, stando alle previsioni, tradisce un lieve ritardo dell'Ue rispetto a Regno Unito e Stati Uniti. Nel primo, infatti, il via libera definitivo per la commercializzazione dovrebbe arrivare nel fine settimana o l'inizio della prossima. Negli Usa si parla di un semaforo verde da parte della FdA entro la prima metà di dicembre.
Una volta ottenuto l'ok di Ema e Commissione Ue, la competenza ricadrà esclusivamente sugli Stati membri e sui fornitori. Spetterà a loro gestire la consegna delle dosi, la loro conservazione, la distribuzione e la somministrazione. Da Bruxelles è arrivato già il 15 ottobre una raccomandazione ufficiale a predisporre un piano nazionale di vaccinazione in tempi rapidi per non farsi trovare impreparati. Il Commissario Domenico Arcuri, durante un vertice tra Governo e Regioni, ha detto che il piano italiano è pronto e sarà operativo appena i vaccini saranno sul mercato. Il ministro della Salute Roberto Speranza lo presenta mercoledì mattina in Parlamento.
Stando alle informazioni preliminari, per i vaccini che dovranno essere conservati a -75 gradi ci saranno 300 centri di distribuzione individuati nei giorni scorsi dal Commissario Arcuri e Regioni. Di questo primo stock di vaccini destinato all'Ue, all'Italia spetterà il 13,6%, circa tre milioni e mezzo di dosi sufficienti a 1,7 milioni di cittadini con un richiamo che dovrà avvenire entro 3/4 settimane dalla prima somministrazione, e coprire specifiche fasce della popolazione: prima di tutto medici e personale sanitario, poi degenti nelle rsa e persone affette da gravi patologie. Il ministro Speranza ha detto le prime dosi arriveranno in Italia tra il 23 e il 26 gennaio.
Quando anche gli altri vaccini, peraltro più semplici da gestire rispetto al Pfizer, saranno disponibili sul mercato, l'obiettivo è avere un punto di somministrazione ogni 30mila abitanti. Quella sarà la più grande sfida sul piano organizzativo mai affrontata per una campagna di vaccinazione nazionale: si calcola che nei primi tre mesi l'Italia potrebbe dover movimentare fino a 25 milioni di dosi, ed entro l'anno dovrebbe riuscire a disporre di circa 202 milioni di dosi di vari tipi, con caratteristiche diverse, provenienti da diversi produttori, a partire da marzo prossimo.
Un'impresa titanica. Tutta la catena logistica e distributiva del pharma giocherà un ruolo nello sforzo distributivo, a partire dagli aeroporti, le porte d'ingresso per i vaccini. "Abbiamo fatta una ricognizione delle aree di stoccaggio esistenti distinte per tipologia di merci, distinguendo tra Nord, Centro e Sud", ma "ancora non conosciamo volumi e tempi del trasporto dei vaccini", ha spiegato la direttrice generale di Assaeroporti Valentina Lener in audizione in Commissione Trasporti della Camera. Secondo questa ricognizione (guarda foto in basso) per le temperature più alte (da +2 a +8°) l'area del Nord Italia dispone di una capacità di stoccaggio presso gli aeroporti di 1452 metri cubi, il Centro Italia di 521 metri cubi, e il Sud Italia di 35 metri cubi. Per le temperature più basse, -20°, negli aeroporti del Nord ci sono a disposizione 545 mc, in quelli del Centro 223 mc, e in quelli del Sud di 119 mc. "Possiamo rimboccarci le maniche per ampliare la possibilità di stoccaggio dei vaccini presso gli aeroporti italiani", ha detto Assaeroporti.
Gli operatori da tempo chiedono di essere coinvolti dal Governo perché consapevoli della vasta portata dell'impresa sul piano distributivo. "Il tema per noi è capire come organizzare un servizio che è un unicum nella storia, non solo per la medicina ma anche per la logistica, chiarendo al decisore pubblico che questa sfida non è sostenibile senza un Piano trasportistico e logistico serio e strutturato", dice il presidente di Confetra Guido Nicolini.
E a nulla serve sostenere che i vaccini sono "franco destino", cioè che la consegna è a carico della casa farmaceutica: "Non è che siamo alla ricerca di appalti, le imprese del settore lavorano già a prescindere con i produttori di vaccini che si appoggeranno a noi comunque per distribuirli. Il tema qui è lavorare insieme, scambiarci informazioni con il Governo, pensare a una strategia", aggiunge Nicolini. Ad esempio: "Forse occorrerà pensare a dei corridoi "protetti" per il trasporto dei vaccini sugli automezzi? Ad uno stoccaggio di tali prodotti in magazzini, terminal o hub logistici il più vicino possibile eventualmente a tali assi viari così da evitare inutili stress test per il trasporto?". Il piano va preparato per tempo, soprattutto in Italia dove le infrastrutture hanno spesso mostrato le loro criticità.
di Claudio Paudice