L'andamento dell'epidemia migliora, ma l'incidenza del virus è ancora alta come alto è il numero dei morti. Nel nostro Paese i decessi registrati dall'inizio dell'epidemia al 2 dicembre - fonte Dashboard Ecdc - erano 56.361, il numero più alto in Europa (sopra di noi, a quota 59.051, c'è solo il Regno Unito).
Il presente è delicato e sul futuro - in mezzo le festività e misure restrittive che la voglia di famiglia e prossimità che accompagna il Natale potrebbero rendere inutili - grava il rischio della terza ondata. Ma com'è che siamo finiti così? Cosa ci ha portato in questa situazione e cosa ci aspetta?
Parisi e il dibattito sull' "acqua di rose" - Per il fisico Giorgio Parisi, presidente dell'Accademia dei Lincei, "siamo finiti in questa situazione perché siamo andati avanti per troppo tempo senza assumere misure drastiche. Il dibattito tra governo e opposizione su provvedimenti all'acqua di rose - penso all'orario di chiusura dei ristoranti, se alle 22 o alle 23 - per quanto tempo è andato avanti? Servivano misure drastiche: le ho invocate il 21 ottobre, sono arrivate il 4 novembre. Già dall′11 novembre il numero dei nuovi casi è incominciato a calare, e gli effetti sui decessi stanno arrivando due-tre settimane dopo".
Battiston: "Più ospedalizzati che nella prima ondata, i numeri dei morti continueranno ad essere alti" - "Abbiamo sbagliato la prima volta e ci poteva stare, la seconda volta abbiamo commesso tanti errori che avremmo potuto evitare, ora non può esserci la terza". Per definire la fase che stiamo vivendo, il fisico Roberto Battiston ripete: "C'è un due, ma non deve esserci un tre. Non possiamo permetterci la terza ondata, la pagheremmo molto cara". Oggi "le azioni intraprese con i Dpcm firmati a partire a metà ottobre stanno producendo gli effetti sperati - spiega - ma non dobbiamo aprire ora, sarebbe un disastro totale".
Già presidente dell'Agenzia Spaziale italiana, professore di Fisica sperimentale all'Universita di Trento, Battiston segue l'andamento dell'epidemia analizzando i dati forniti dall'Istituto Superiore di Sanità e dalla Protezione Civile. I risultati di analisi e ricerche sono riassunti nei grafici pubblicati sul suo sito. "Consultandoli appare evidente che il picco dell'epidemia livello nazionale c'è stato una settimana fa", fa notare il professore. A livello regionale, invece, la situazione cambia. Ci sono regioni "che stanno andando bene, nelle quali l'indice Rt continua a scendere in maniera lineare, sempre che il comportamento di massa sua improntato allo stesso livello di attenzione e di protezione delle ultime settimane". È il caso di Lombardia, Piemonte, Toscana - quest'ultima "procede come un orologio, continuando così potrebbe ritrovarsi in breve tempo fuori dall'incubo".
Ma poi ci sono regioni - Puglia, Marche e Calabria - "che procedono in grave ritardo e dalle quali, dunque, quando si riaprirà, potrebbe ripartire il contagio", avverte Battiston. Di qui, quindi, la necessità di capire bene quali provvedimenti adottare per scongiurare il rischio. Per farlo, partendo dal presupposto che il virus opera con meccanismi noti da un secolo, non bisogna concentrarsi sul presente, ma sul futuro.
Che oggi significa "non aprire tutto per Natale e le festività", posticipare - "magari di altri quindici giorni", fa notare Battiston - il passaggio nelle regioni in cui l'Rt scende più lentamente nella fascia di minor rischio e prevedere misure specifiche a partire dal 7 gennaio, con un occhio di riguardo alla riapertura delle scuole. "La carenza di dati sul contagio nelle scuole è un problema gigantesco - scandisce Battiston - con la riapertura delle scuole si rimette in moto tutta la società nei suoi rapporti quotidiani. Innanzitutto bisognerebbe chiedere agli esperti di ambito sanitario cosa ne pensano del rischio connesso alla presenza di 20-25 studenti nella stessa aula per 5-6 ore ogni mattina. Poi bisognerà pensare, e farlo seriamente, a riorganizzare ad esempio i trasporti, almeno quelli utilizzati da più giovani per raggiungere le scuole nonché la raccolta accurata e sistematica di dati che siano condivisi pubblicamente.
Ma anche tenere in considerazione le abitudini difficili da modificare e relative alle frequentazioni dei ragazzi a lato della scuola. E poi serve potenziare l'interazione tra il mondo sanitario e la scuola per fare i tamponi alle classi in quarantena il più rapidamente possibile. Mi rendo conto che pianificare la riorganizzazione dei trasporti e il rientro a scuola non è facile, ma sono questioni da non affrontare ideologicamente perché il virus è insensibile alle ideologie e sa molto bene cosa fare e come farlo". L'indicazione è "usare questo mese per far scendere l'Rt e nel frattempo pianifichiamo bene le azioni da intraprendere dopo le festività.
Ieri, intanto, il numero dei morti ha toccato una soglia altissima. Su questo fronte, "purtroppo le cifre dei decessi continueranno ad essere alte perché in questa seconda fase il numero degli ospedalizzati è, in assoluto, del 15-20% superiore a quello della prima e dunque si è messo in moto un processo che purtroppo non riusciremo a fermare fino a quando l'Rt non scenderà in maniera sensibile". Per questo è fondamentale programmare già oggi quello che va fatto domani. Anche per limitare i danni, che si annunciano ben più numerosi di quelli, pure rilevantissimi, contati finora. Infatti, non dovremmo forse solo pensare al dolore delle morti e alla sofferenza dei ricoveri - conclude Battiston - ma anche delle conseguenze a medio e a lungo termine di decine di migliaia di persone fortemente provate dagli strascichi della malattia".
Galli e "la battaglia di resistenza" - "I morti sono il prezzo che abbiamo pagato e continueremo a pagare alla seconda ondata, che poteva essere più contenuta della prima", spiega Massimo Galli. Per il direttore del Reparto malattie infettive dell'Ospedale "Sacco" di Milano, i decessi che si continuano a registrare "sono l'espressione di un'onda lunga che risale nel tempo, innescati da infezioni datate, per le quali non siamo riusciti a invertire la tendenza". Non era scontato arrivasse la seconda ondata - "non l'aveva mica prescritta il medico" - e invece "è arrivata a causa dell'atteggiamento, tenuto in estate e poi alla ripresa, da tanti che pensavano che il virus fosse ormai scomparso". Ora si cominciano a vedere "gli effetti dei lockdown mirati, più lenti di quelli di un lockdown totale, ma la battaglia di resistenza contro questo nemico subdolo perché invisibile, ma presente e vivo deve andare avanti - conclude Galli - e se durante le festività non si starà più che attenti a rispettare le misure fissate del Governo si ricomincerà daccapo".
di Luciana Matarese