Come previsto, la maggioranza si trova in difficoltà anche sul ‘Recovery plan’ (o meglio sulla sua bozza), dato che al momento non c’è accordo su chi dovrà gestire le risorse dei fondi che ammontano a 196 miliardi. Nella giornata di oggi si è trattato del tema all’interno di un Consiglio dei ministri molto sofferto (anche a causa della positività della ministra Lamorgese) che riprenderà nella giornata di domani. Nel mentre, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha spiegato che alla digitalizzazione e innovazione andrebbero destinati 48,7 miliardi, all’area “rivoluzione verde e transizione ecologica” andranno 74,3 miliardi, al settore infrastrutture per una mobilità sostenibile 27,7 miliardi. Il capitolo “istruzione e ricerca” può contare su 19,2 miliardi, quello sulla Parità di genere su 17,1 miliardi, secondo la bozza. L’area sanità, infine, conterà su 9 miliardi. Compare anche la riforma fiscale: si ritiene che l'esigenza sia ora di concentrare le risorse disponibili per ridurre prioritariamente la pressione fiscale sui redditi medi dopo essere intervenuti sui lavoratori con reddito fino a 40mila euro. “Ora – le parole del primo ministro - dobbiamo intervenire a favore dei lavoratori (sia dipendenti sia autonomi) con un reddito medio, ovvero orientativamente tra 40 e 60 mila euro, perché si tratta della fascia che oggi sconta livelli di prelievo eccessivi rispetto ai redditi ottenuti”. Ma come anticipato, all’interno dell’esecutivo serpeggia un certo malumore e Italia viva, tramite il ministro delle Politiche agricole Teresa Bellanova non le ha mandate a dire sul chi dovrà gestire le risorse: “Ad una prima sommaria lettura la bozza sulla 'governance' del Recovery inviata ai Ministri stanotte appare opaca e presenta profili di incostituzionalità. Non abbiamo alcun bisogno di strutture parallele, che esautorano Ministri, Ministeri e Parlamento, accentrando e spostando altrove il cuore del processo, decisivo per l'Italia dei prossimi 10 anni”. E poi ancora: “Non possiamo consegnare ad altri scelti non si sa come, le chiavi di casa”. Nel mirino, insomma, la governance dei fondi che sarebbe stata scelta da Conte e dai ministri Gualtieri e Patuanelli (con la presenza di una task force di tecnici) quasi in autonomia. “Questo modo di fare non è solo sprezzante: è sbagliato. Noi siamo contrari a sovrastrutture di centinaia di consulenti che stanno al Recovery Fund come i navigator stanno al reddito di cittadinanza. Il futuro dell'Italia dei prossimi vent'anni non lo scrivono Conte e Casalino nottetempo in uno stanzino di Palazzo Chigi”, le parole di Matteo Renzi. Dall’opposizione è Silvio Berlusconi a chiedere di non commettere errori sul piano di distribuzione di queste risorese: “Rimane indispensabile un accordo complessivo sull’utilizzo delle risorse del Recovery Fund. Oggi le contraddizioni della maggioranza rischiano di farci arrivare impreparati e mettono addirittura in pericolo queste risorse vitali per il futuro del Paese. Forza Italia anche in questa fase drammatica non viene meno alla sua identità, alla sua storia, ai suoi valori”.