"Questa riforma stritola l'Italia". E poi: "Si può migliorare e noi siamo qui per questo". Infine: "Se non si approva tutto il pacchetto, non si firma nulla". Sembra passato un secolo, invece è solo un anno nel quale, peraltro, il testo è rimasto immutato. Partito spavaldo e convinto di riuscire a cambiare la riforma del Fondo Salva Stati (Mes), il Movimento 5 Stelle è finito un anno dopo per cambiare, e radicalmente, solo la sua posizione politica.
A novembre 2019, nel pieno dei bollenti negoziati approdati a una intesa di massima con gli altri Stati azionisti del fondo, Luigi Di Maio tuonava che "il premier non ha firmato nulla", anche perché "una riforma del Mes che stritola l'Italia non è fattibile".
A dicembre la sua posizione non era cambiata di una virgola, e nemmeno quella dei suoi compagni di partito: "Il Movimento è oggi più che mai compatto di fronte alla necessità di dover rivedere questa riforma che, ad oggi, presenta criticità evidenti". Il tema, scherzava nemmeno tanto Di Maio, era che "c'è un pacchetto, e io ho paura che sia un pacco... Finché non leggiamo tutti gli accordi di questo pacchetto non si approva nulla".
I grillini da tempo - tanto da aver inserito nel loro programma elettorale lo "smantellamento" del Mes - denunciavano i pericoli dietro la riforma come le condizionalità più stringenti per l'accesso alle linee di credito, le ristrutturazioni del debito pubblico rese più semplici e rapide, il rafforzamento della governance del Mes al di fuori del perimetro giuridico dell'Ue.
In altre parole: ne contestavano tutta l'impostazione, senza tergiversare su particolari distinguo come quelli addotti oggi per giustificare il sostanziale e definitivo via libera che il premier Giuseppe Conte si appresta a dare nel prossimo Consiglio Ue di giovedì. Secondo il ministro degli Esteri (oggi) "la riforma del Mes non c'entra nulla con l'attivazione del Mes. Il Mes è attivabile sempre, anche ora, al di là della riforma. Chi dice il contrario, vi sta mentendo. Con il MoVimento 5 Stelle al Governo nessun tipo di Mes entrerà mai in Italia, perché consideriamo lo strumento inadeguato. È un prestito al buio".
Per Di Maio la riforma così come com'è non mette in pericolo gli interessi dell'Italia come sostenuto dallo stesso Di Maio (prima della mutazione politica) a fine novembre 2019: "C'è massima fiducia in Conte e Gualtieri, ma è evidente che occorre migliorare il negoziato difendendo gli interessi dell'Italia. Resta solida nostra appartenenza ad Euro ed Europa, malgrado ciò se qualcosa non è accettabile va migliorata. E la riforma del Mes si può migliorare, siamo qui per questo".
Giova ripetere che il testo della riforma non è cambiato da allora (è stato solo anticipato il backstop del fondo per le risoluzioni bancarie) e nessuna delle richieste grilline è stata mai accolta o presa solo in considerazione. Ragione per cui, pur di giustificare l'assenso informale nei vari stadi del negoziato da parte del Governo Conte, si è lentamente fatta largo la cosiddetta "logica del pacchetto". Secondo questa logica - ad oggi confutata dalla realtà - l'Italia avrebbe dovuto dare il suo ok alla riforma del Mes solo se fossero state approvate contestualmente altre due riforme: l'unione bancaria e in particolare uno schema di assicurazione dei depositi (Edis); e il Bicc, un Recovery Fund permanente e non temporaneo ed emergenziale come quello in fase di approvazione per rispondere alla crisi economica innescata dal Covid.
Dopo un anno di negoziati, del pacchetto è rimasto - guarda caso - solo il Mes, mentre gli altri due capitoli sono rimasti fermi al palo in mancanza di un accordo politico. Ma la "logica del pacchetto" è stata da sempre considerata dal Movimento 5 Stelle come una condicio sine qua non per dare il suo ok alla riforma. Un anno fa, nel pieno delle polemiche con la Lega che accusava il premier Conte di aver dato il suo via libera senza tener conto degli ex alleati nel Governo gialloverde, Di Maio aveva dichiarato: "Giuseppe Conte ha detto ieri che tutti i ministri sapevano di questo fondo. Sapevamo che il Mes era arrivato ad un punto della sua riforma, ma sapevamo anche che era all'interno di un pacchetto, che prevede anche la riforma dell'unione bancaria e l'assicurazione sui deposito. Per il M5S, queste tre cose vanno insieme e non si può firmare solo una cosa alla volta".
Citava Casaleggio: "Gianroberto diceva che 'quando c'è un dubbio, non c'è nessun dubbio': e sul Mes i dubbi ci sono". E rilanciando la "logica di pacchetto: "Non si può firmare solo una cosa alla volta, sennò qui il rischio è che va a finire che ci fregano. Quelle tre riforme, una volta ultimate, ci potranno dare un quadro complessivo dei vantaggi e dei rischi per l'Italia", spiega.
"Le proposte per migliorare questa riforma ci sono. Ora ci aspettiamo una revisione dei punti critici. Perché è così che si lavora. Ripeto: siamo al governo per questo", concluse. Posizione che nel tempo ha sempre trovato l'appoggio dei grillini e di tutto il gruppo dirigente. Per il ministro Patuanelli il No del M5S al Mes "è definitivo", disse ad aprile scorso. Per Alvise Maniero "un Paese come il nostro, fondatore della comunità europea e seconda potenza manifatturiera d'Europa, non può firmare a scatola chiusa e deve tenere conto di tutto il pacchetto, compresa la riforma bancaria sulla quale preoccupano le proposte tedesche", disse un anno fa. Secondo il senatore Emiliano Fenu, bisognava "rinviare la riforma, per evitare che sulle altre l'Europa continui ad alimentare asimmetrie e sperequazioni che dobbiamo definitivamente archiviare", disse il capogruppo in Commissione Finanze, citando peraltro i dissidi tra l'Italia e i paesi del Nord Europa sull'Edis e "sull'attribuzione di un ingiustificato livello di rischio ai nostri titoli di Stato detenuti dalle banche italiane".
Parole che tuttavia mal si conciliano con il testo della risoluzione della maggioranza e scritta dai grillini che impegna il premier Conte al prossimo Consiglio Ue del 10 dicembre, "a finalizzare l'accordo politico" sulla riforma del trattato del Mes. E tutte le altre, dall'Edis al Bicc? "Lo stato di avanzamento dei lavori su questi temi in agenda sarà verificato in vista della ratifica parlamentare della riforma del trattato del Mes". Addio pacchetto.
Claudio Paudice