di Paolo Crepet
A volte si tratta di eventi che riguardano un popolo nella sua quasi interezza –come è accaduto durante il fascismo riguardo ai crimini compiuti in patria e nelle colonie, e poi alle atrocità commesse a cittadini inermi durante la guerra- e altri in cui la battaglia per i diritti civili ha riguardato popolazioni più ristrette, ma non certo meno fondamentali, come è accaduto nella mia memoria diretta ai bambini delle scuole differenziali, ai degenti degli orrendi ospedali psichiatrici civili e giudiziari, ai carcerati (parlo di diritti negati tutt’ora nelle patrie galere).
E poi ci sono singoli casi che parlano a tutta la nostra civiltà, come i martiri cristiani non solo ai contemporanei, ma per secoli avanti. Questa persona è un ragazzo, armato solo dalla passione per la conoscenza. Un ragazzo che non voleva diventare eroe e meno che meno martire. Eppure lo hanno vigliaccamente torturato per giorni e ucciso. Ora tutto questo è passato dalle indomite grida di una famiglia alle verità di un’aula di giustizia. Parlo di Giulio Regeni.
A tutt’oggi la raccolta di prove schiaccianti nei confronti dei suoi vili aguzzini e dei suoi ancor più vigliacchi mandanti non ha però trovato eco in chi ha il potere di chiedere e ottenere giustizia, costi quel che costi.
Che significa essere “democratico”, “vivo”, “liberi” e “uguali”, solo per usare aggettivi che accompagnano alcuni dei partiti al governo (i cinque stelle non si sono dati aggettivi, si mantengono neutri, buoni per tutte le stagioni…) se poi non si riesce a trovare il coraggio di fermare la macchina governativa, inchinarsi sul cadavere martoriato e promettere a tutti noi cittadini di ubbidire alla coerenza con quelle parole scelte, non credo a caso quando quei movimenti politici furono fondati? Parole a caso, specchietti per le allodole o pura ipocrisia?
O dobbiamo pensare che la “ragion di Stato” debba prevalere sempre e su tutto (quindi ammettere che non esiste traccia d’innovazione nella politica odierna rispetto al passato)? Che gli interessi mercantili debbano primeggiare sulle questioni fondamentali dei diritti dell’umanità sui quali i nostri padri costituzionalisti si sono ispirati per redigere la nostra Carta?
Ho letto con piacere quanto scritto dall’On. Lia Quartapelle, condivido ogni parola, ma sono a ricordare a chiunque abbia una responsabilità parlamentare che non basta continuare a protestare contro gli arroganti silenzi di un governo (spero di essere smentito tra poche ore), occorre fare e se qualcuno non fa, ci si può anche dimettere e alzarsi da quella sedia per non diventare comunque complici con chi non riconosce morale e diritti fondamentali, né rispetto per la vita umana e nemmeno le regole delle relazioni internazionali che si basano sull’autorevolezza di uno Stato e non sulla sua meschina genuflessione a interessi economici. Un uomo vale di più di una fornitura di gas. O no?